venerdì 29 novembre 2024

Don Lorenzo Milani: un maestro fra mito e realtà

 

Don Lorenzo Milani, sacerdote e pedagogista, è una figura centrale del Novecento italiano, un protagonista del rinnovamento culturale e sociale del Paese, che ha lasciato un’impronta profonda nel dibattito sull’educazione e sui diritti civili. Nato a Firenze nel 1923, Milani è diventato noto soprattutto per il suo lavoro a Barbiana, una piccola parrocchia in cui ha fondato una scuola rivoluzionaria per i ragazzi più poveri e marginalizzati. Tuttavia, l’errata interpretazione delle sue idee e del suo approccio educativo ha generato nel tempo una serie di equivoci che, come vedremo, hanno contribuito all'attuale  stato di degrado nel quale versa la scuola italiana, impoverendo il ruolo degli insegnanti e capovolgendo le dinamiche di autorità all’interno delle aule.  
Il progetto educativo di Don Lorenzo Milani nacque in un contesto di profonda disuguaglianza sociale. L’Italia del dopoguerra era un Paese spaccato in due: da una parte, le élite borghesi che avevano accesso all’istruzione e alle opportunità di crescita, dall’altra, le classi contadine e operaie che vivevano ai margini della società, spesso condannate all’analfabetismo. 
Don Milani, con la sua sensibilità per i più deboli, decise di dedicare la sua vita nel tentativo di colmare questo divario.  

La scuola di Barbiana non era una scuola tradizionale. Non c’erano voti né bocciature, e l’insegnamento si concentrava sulle competenze linguistiche, ritenute essenziali per dare voce a chi ne era privato. Insegnare l’italiano significava, per il sacerdote, fornire ai ragazzi uno strumento per affermare i propri diritti e partecipare alla vita democratica del Paese. 
L’idea era tanto semplice quanto rivoluzionaria: l’istruzione come strumento di emancipazione sociale. 



Il metodo educativo di Don Milani, immortalato nel celebre libro "Lettera a una professoressa", scritto collettivamente con i suoi allievi, metteva al centro lo studente e la sua individualità, attenzione per l’alunno che è stata in maniera sbagliata spesso interpretata come una negazione dell’autorità del docente.
In realtà, come emerge chiaramente dai suoi scritti, Don Milani credeva profondamente nel ruolo dell’insegnante come guida e modello.  
Nel corso dei decenni, però, il pensiero di Don Milani è stato più volte travisato. La sua critica alla scuola classista è stata erroneamente interpretata come un attacco all’idea stessa di disciplina e di meritocrazia. In realtà, Milani non era contrario alla valutazione, ma piuttosto alla discriminazione che derivava da un sistema educativo incapace di riconoscere e valorizzare i talenti di tutti.  

Questo fraintendimento ha alimentato una deriva che ha profondamente trasformato la scuola italiana. Negli anni successivi, il dibattito pedagogico si è progressivamente spostato verso un modello centrato esclusivamente sugli studenti, fino al punto di svuotare il ruolo degli insegnanti di autorità e autorevolezza. 
L’eccessiva enfasi sui diritti degli alunni, spesso presentata come un tributo al pensiero milaniano, ha finito per produrre un sistema in cui le regole sono diventate opzionali, e l’educazione è percepita più come un servizio che come un processo di formazione.  
Oggi, la scuola italiana si trova in una situazione critica. Gli insegnanti, un tempo rispettati come figure centrali del processo educativo, sono spesso relegati al ruolo di semplici facilitatori. La perdita di autorità e autorevolezza è evidente in molte aule, dove il rispetto delle regole è diventato un’eccezione e non la norma.  

Questo fenomeno non è avvenuto all’improvviso, ma è il risultato di un lento processo di erosione del ruolo del docente. L’introduzione di normative sempre più sbilanciate a favore degli studenti, unite a un clima culturale che tende a deresponsabilizzare i giovani e le famiglie, ha creato un ambiente in cui gli insegnanti si trovano senza strumenti per far rispettare la disciplina.  


A ciò si aggiunge un altro problema: la svalutazione del merito. 
In nome di un malinteso egualitarismo, si è diffusa l’idea che tutti debbano raggiungere gli stessi obiettivi, indipendentemente dall’impegno o dalle capacità individuali. Questo approccio ha portato a un abbassamento generale del livello di preparazione degli studenti e a un aumento delle disuguaglianze, poiché i più privilegiati riescono comunque a trovare altrove le opportunità di crescita che la scuola non è più in grado di offrire.  
È importante sottolineare che Don Milani non avrebbe mai avallato una scuola priva di regole o di standard. 
Al contrario, nella scuola di Barbiana si lavorava duramente, spesso per molte ore al giorno, e gli studenti erano chiamati a rispettare un rigore che oggi sarebbe impensabile in molte istituzioni scolastiche. L’uguaglianza che Milani cercava non era un livellamento verso il basso, ma un innalzamento di chi era rimasto indietro.  
Milani credeva fermamente nella responsabilità dell’insegnante di guidare e ispirare gli studenti. Nel suo approccio, l’autorità non era un ostacolo, ma uno strumento per educare. Gli insegnanti avevano il compito di indicare la strada, di motivare e di correggere, sempre con il rispetto della dignità dell’alunno, ma senza rinunciare al loro ruolo di guida.  
Per risollevare la scuola italiana dallo stato in cui si trova attualmente, sarebbe necessario tornare alle radici autentiche del pensiero di Don Milani, liberandolo dalle interpretazioni errate che ne hanno stravolto il messaggio.
Ciò significherebbe:  

1. Rivalutare il ruolo dell’insegnante  

L’autorità dell’insegnante deve essere ristabilita. Autorità non significa autoritarismo, ma riconoscimento del valore del docente come figura di riferimento e guida. Gli insegnanti devono essere messi nelle condizioni di svolgere il loro lavoro senza timore di ritorsioni o accuse infondate.

2.Ristabilire la disciplina e il rispetto delle regole  

Una scuola senza regole è una scuola che fallisce nella sua missione educativa. È necessario reintrodurre strumenti efficaci per garantire il rispetto delle regole, sia da parte degli studenti che delle famiglie, ricordando che la disciplina non è contraria alla libertà, ma ne è il presupposto.  

3. Promuovere il merito e l’impegno
  
L’uguaglianza non può essere sinonimo di appiattimento. La scuola deve tornare a premiare il merito, valorizzando chi si impegna e offrendo a tutti gli strumenti per migliorare. Solo così si può garantire una vera equità.  

4. Ripensare il rapporto con le famiglie  

Le famiglie devono essere coinvolte nel processo educativo, ma senza sostituirsi agli insegnanti. È fondamentale ricostruire un’alleanza educativa che riconosca il ruolo centrale della scuola e il rispetto per il lavoro dei docenti.  

Don Lorenzo Milani ha rappresentato una speranza per molti, un simbolo di giustizia sociale e di impegno per i più deboli, ma il fraintendimento del suo messaggio ha contribuito a creare una scuola che, in nome di un malinteso senso di uguaglianza, ha perso di vista i suoi obiettivi fondamentali.  
Riscoprire il vero significato dell’opera di Don Milani significa restituire dignità all’educazione, riaffermando il valore del merito, della disciplina e del rispetto reciproco. 
Solo così potremo onorare il suo insegnamento e costruire una scuola che sia davvero capace di formare cittadini consapevoli e responsabili, pronti a contribuire al bene comune.  

Per Maria Rosaria, Patrizia, Maria Vittoria e per tutti gli
insegnanti che, nonostante tutto, continuano a crederci
Grazie

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