È difficile spiegare cosa significhi per me la chiusura di Tattoo Records.
Potrei parlare di numeri, di statistiche sulle vendite in calo di vinili, o del passaggio ormai consolidato alla musica digitale. Ma sarebbe riduttivo, quasi irrispettoso, cercare di spiegare cosa sia stato per noi quel piccolo negozio alla Piazzetta Nilo usando solo freddi dati di mercato.
Tattoo Records non era solo un negozio di dischi.
Era una destinazione, un rifugio, una casa per chi come me ha trovato in quel luogo qualcosa che andava oltre la semplice musica.
Tattoo Records ha aperto nel 1982, in un periodo nel quale la città di Napoli, pur strangolata dalla malavita, dal malgoverno e dalle conseguenza del terremoto, era animata da un grande fermento culturale, che spaziava in tutti gli ambiti artistici.
Eppure, anche in questo humus culturale, mancava qualcosa...quel qualcosa che solo Enzo Pone, con enorme coraggio, seppe cogliere, e cioè quelle che erano le nostre istanze di appassionati di musica, di vinile, di tutto ciò che rappresentava il rock, il punk, l’underground, la musica vera.
Non ricordo esattamente quando fu la mia "prima volta" da Tattoo, so solo che in quegli anni, stufo di cantautori, di west coast, di progressive, avevo sviluppato un'insaziabile fame di suoni nuovi, di artisti sconosciuti, di vinili introvabili.
Quello che non ancora non sapevo, però, è che Tattoo Records sarebbe diventato molto di più di un semplice negozio per acquistare dischi.
Ogni volta che mi recavo lì, mi aspettavano due o tre cambi di mezzi pubblici, un viaggio che durava almeno un’ora, se non di più. Ma la fatica non contava. L’attesa, l’idea di essere di nuovo in quel piccolo spazio tra le strade strette del centro storico di Napoli, mi ripagava di ogni minuto trascorso tra autobus e metropolitane affollate. Sapevo che mi aspettavano ore di immersione totale nel mondo della musica.
Tattoo Records era piccolissimo, stipato di vinili dal pavimento al soffitto. Il legno scuro degli scaffali, l’odore inconfondibile del vinile, la luce fioca che illuminava le copertine dai colori accesi – era un luogo che evocava un’atmosfera d’altri tempi. Ma ciò che rendeva davvero speciale quel posto non erano solo i dischi rari, gli artisti emergenti, o le edizioni limitate.
Erano le persone.
Era Enzo, che ormai conoscevo come una figura quasi mitologica, sempre pronto a consigliare, a parlare di un album come se fosse un pezzo di vita.
Ricordo bene una delle prime volte che entrai. Non avevo molti soldi con me, ma avevo sentito parlare di una band che suonava un rock diverso, ruvido e sperimentale, che mi intrigava moltissimo, gli Husker Du.
Andai da lui, un po’ timido e titubante, e gli chiesi se avesse qualcosa del gruppo.
Lui mi guardò per qualche secondo, sorrise e tirò fuori un vinile. Mi disse solo: "Ascoltalo. Poi ne parliamo".
Come sempre, Enzo mise il vinile sul piatto, e in quel momento il mondo fuori sembrò scomparire. La musica che stava uscendo dalle cuffie era proprio ciò che cercavo, qualcosa che non avrei mai potuto scoprire su una radio commerciale o sfogliando una rivista di settore.
Quel disco era "Zen Arcade", uno dei capolavori degli Husker Du, gruppo che, da quel momento in poi, divenne il mio favorito, cosa della quale non finirò mai di ringraziare Enzo.
Non acquistai il vinile quel giorno.
Non avevo abbastanza soldi. Ma non mi sentii minimamente a disagio. Quello che contava era l'esperienza, la condivisione. Quasi ogni volta che entravo nel negozio, era per ascoltare qualcosa di nuovo, per scoprire un universo musicale che non conoscevo. Molti di noi, frequentatori abituali, eravamo sempre in bolletta, spesso incapaci di comprare i dischi che desideravamo. Eppure, Enzo non ci ha mai fatto sentire fuori posto. Anzi, sembrava che lui stesso capisse il valore di quell’atto: ascoltare senza fretta, senza l’obbligo dell’acquisto. Era come far parte di un club esclusivo, un club dove l'ingresso era garantito dalla passione e non dal denaro.
Le conversazioni con gli altri clienti erano spesso il vero cuore della mia giornata. Era un continuo scambio di opinioni, consigli, critiche accese su un disco appena uscito o su un classico riscoperto. Persone di ogni età e provenienza si riunivano lì, non solo per comprare musica, ma per discuterne, per vivere insieme quell’esperienza.
Il negozio diventava una sorta di zona franca, dove tutto il resto del mondo, l'università,, il lavoro, le preoccupazioni quotidiane, sembrava fermarsi.
Dentro Tattoo Records, si parlava solo di musica.
E anche chi non comprava, usciva arricchito da quel piccolo tempio del suono.
Con gli anni, il panorama musicale è cambiato.
I lettori MP3, lo streaming, i download digitali hanno rivoluzionato il modo in cui consumiamo la musica. La sensazione fisica di sfogliare i dischi, il rumore della puntina che scivola sul vinile, quella magia tangibile che solo un disco può dare, è stata progressivamente sostituita da playlist anonime e brani ascoltati distrattamente su uno smartphone.
Ma per noi, i frequentatori di Tattoo Records, quel negozio continuava a essere un baluardo. Il digitale non poteva replicare l’esperienza del vinile, del tempo trascorso ad ascoltare attentamente un intero album, senza saltare tracce, immergendosi nella sequenza musicale pensata dall’artista.
Con il passar del tempo, vuoi per la crisi del vinile, vuoi per tanti altri motivi, l'affluenza e le vendite iniziarono a calare.
Il mercato stava cambiando troppo velocemente, e anche i più appassionati si adattavano alle nuove tecnologie. Il negozio, e il suo titolare, che avevano resistito eroicamente per decenni, sopravvivendo alla concorrenza di iniziative da parte di "imprenditori", poi sfociate in sonori fallimenti, cominciava a vedersi sempre più accerchiato dall'indifferenza, non solo della clientela, ma anche e soprattutto delle istituzioni, colpevoli dell'anomalo e indiscriminato proliferare di esercizi commerciali.
Come ha recentemente dichiarato Enzo Pone "...faccio sempre più fatica a portare avanti questa attività. Inoltre piazzetta Nilo, negli ultimi anni è diventata una realtà non tanto facile da vivere professionalmente per chi tende a vendere un prodotto diverso da una pizza o un cuoppo puzzolente di pesce scongelato male".
Poi è arrivata la notizia. La chiusura definitiva.
Tattoo Records, dopo più di 40 anni di attività, avrebbe abbassato la saracinesca per l'ultima volta. La notizia mi ha colpito come un pugno allo stomaco.
Ho cercato allora di assimilare l’idea che quel luogo, quel piccolo mondo in cui avevo trascorso tante ore felici, non ci sarebbe più stato.
Non era solo la perdita di un negozio, ma la fine di un’epoca, di un modo di vivere la musica, dei ricordi delle persone che ho incontrato, dei dischi che ho acquistato.
Quel negozio era diventato una parte di me, delle mie giornate.
Ho deciso quindi di fare un'ultima visita, un pellegrinaggio per rendere omaggio a ciò che Tattoo Records aveva rappresentato nella mia vita. Quando sono arrivato, il negozio era come sempre, con il suo caratteristico caos ordinato di dischi e memorabilia.
Enzo in quel momento non era presente e questo mi ha permesso di passare un pò di tempo ad ascoltare, a godermi l'atmosfera in anonimato, come se il tempo si fosse fermato, senza dover per forza tornare al presente, alla tristezza per l'imminente chiusura.
Ho voluto trattenere ogni istante, ogni suono, ogni odore, come se potessi portarli con me quando le luci si sarebbero spente per sempre.
La chiusura di Tattoo Records è un duro colpo, non solo per noi amanti del vinile, ma per tutta la comunità musicale napoletana. Un pezzo della nostra cultura, del nostro passato, se n’è andato.
Ma i ricordi, quelli, rimarranno sempre. E anche se il negozio non esisterà più, il suo spirito continuerà a vivere in ogni vinile che ho a casa, in ogni discussione avuta con i clienti di allora, in ogni nota che suona sul mio giradischi.
Addio, Tattoo Records.
Grazie Enzo Pone per averci dato molto più di un luogo dove acquistare dischi.
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