martedì 24 settembre 2024

Passion di Peter Gabriel: un messaggio universale


Archiviati i fasti della stagione prog con i Genesis, dopo aver pubblicato, nel 1986, un album di enorme successo come So, quasi a suggello di una stagione magica, nel 1989 arriva un altro capolavoro, sotto forma di una colonna sonora, Passion, che raccoglie le musiche per il film di Martin Scorsese "L'ultima tentazione di Cristo"
Un'opera al tempo stesso sincretica e monumentale, in cui Peter Gabriel veste i panni di un Brian Eno della world music, attingendo a un'infinità di suoni folk, originari soprattutto dell'Asia e dell'Africa, e rielaborandoli poi in studio. 
Collaborano alla realizzazione del disco musicisti provenienti da paesi lontani quali Pakistan, Turchia, India, Costa d'Avorio, Egitto, Bahrain, Nuova Guinea, Marocco, Senegal e Ghana. 
Spiccano, in particolare, il violino di Shankar, il flauto turco di Kudsi Erguner, le tabla di Hossam Ramzy, le percussioni di Fatala, il doudouk armeno di Vatche Housepian e Antranik Askarian, i vocalizzi di Nusrat Fateh Ali Khan, Youssou N'Dour e Baaba Mal.
Il risultato di tanta eterogeneità è una babele di suoni e (poli)ritmi di cui Gabriel è l'architetto. 
Sebbene molti dei brani sono semplicemente la rielaborazione di temi armeni, egiziani e kurdi con centinaia d'anni di storia, l'impressione data dall'ascolto è quella di assistere a una sorta di gigantesco musical futurista, con le pulsazioni elettroniche e i pannelli "ambientali" che riescono a trasformare queste melodie eterne nella colonna sonora ideale per un viaggio nella world music che verrà.
Il disco è costruito in crescendo, in un'ascensione ideale dal tribalismo pagano più sfrenato fino al misticismo arabo e orientale, per approdare infine alla solennità della Passione cristiana. 


Nel film, Scorsese voleva mostrare la lotta tra il lato umano e divino in Cristo in modo duro e provocatorio. 
Le tracce di Passion raccontano questo conflitto attraverso l'alternarsi di meditazioni mistiche e sinfonie marziali, tribalismi raga e torrenziali danze della giungla, litanie arabe e melodie dolenti alla Morricone.
Il disco parte, e subito… "The Feeling Begins", come rivela la traccia iniziale. 
Merito dei suoi misteriosi droni di synth in apertura, seguiti da un affastellarsi progressivo di strumenti: octabans, surdu, skins (tutti appannaggio di Manny Elias), ma anche tabla e cimbali, chitarra e doppio violino (nel quale si destreggia, ovviamente, il mostruoso Shankar); al doudouk, invece, è affidato il compito di interpretare una melodia tradizionale armena (ribattezzata in inglese "The Wind Subsides"). Più che l'inizio di un disco, sembra la partenza di una carovana di dervisci per un viaggio nel deserto.
Il giardino di "Gethsemane" è il luogo della preghiera: un breve interludio di un minuto e 25 secondi di musica da camera, per muovere i primi passi di una lunga ascesi mistica.
Il virtuosismo di Gabriel consiste qui nel costruire un intero brano su  un unico sample di flauto elettronicamente modificato. E se la spettrale nenia araba di "Of These, Hope" vibra soprattutto della "talking drum" di Massambla Dlop, simulando una cavalcata nel deserto, in "Lazarus Raised" si celebra il miracolo della resurrezione sulle note di una melodia tradizionale kurda per duduk e tenbur. 
Peter Gabriel, per l'occasione, si cimenta col suggestivo piano Akai, e sembra quasi di vedere i Pink Floyd suonare in una moschea.


Questa estasi mistica viene presto interrotta dalla tempesta sonora di "A Different Drum", la più "gabrieliana" delle tracce dell'album, con la voce dell'ex-leader dei Genesis a intonare una sorta di canto della giungla, attorniato da droni di organo, fitte percussioni tribali e vocalizzi esotici. 
E' un classico esempio dell'ethno-dance di Gabriel: una contaminazione eccitante tra il moderno battito tecnologico dell'Occidente e i ritmi "primitivi" dell'Africa profonda. 
E' invece in un minimalismo raffinato, degno di un Philip Glass della world music, che va ricercato il fascino di "Zaar", tenera piece poggiata su un fondale pianistico, intessuta su un reticolo di tamburine, duf, tabla, cimbali e triangolo, e sottilmente innervata dalle corde irrequiete del violino di Shankar. 
Il techno-funk "tribale" di "Troubled" prelude al mantra di "Open", una improvvisazione tra il violino di Shankar e il piano di Gabriel dal profumo psichedelico, anche grazie ai vocalizzi "stranianti" dello stesso Shankar. 
Siamo ormai vicini alla trance mistica, come conferma la successiva "Before Night Falls", dominata dal ney (il flauto "obliquo" turco) di Kudsi Erguner.
"With This Love" segna uno dei momenti più commoventi dell'album: una melodia struggente d'oboe, degna del miglior Morricone, prende magicamente vita, mentre i ricami del doppio violino di Shankar si intrecciano al piano e al Fairlight, il synth-computer di Gabriel che conferisce un timbro delicatamente elettronico agli arrangiamenti. 
Attraverso una tempesta di sabbia scandita dalle percussioni marocchine e dalle tabla si approda a un'altra tappa della via crucis dell'album: "Stigmata", in cui sono solo il kementche' di Mahmoud Tabrizi Zadeh e la voce di Gabriel a creare una suspense  quasi "cosmica".
Il disco ascende ormai verso il suo vertice mistico: la title track, che celebra la Passione di Cristo con la solennità di un requiem e il misticismo di un mantra indiano. Il canto da muezzin di Peter Gabriel si unisce al soprano solenne di Nusrat Fateh Ali Khan e ai vocalizzi inconfondibili di Youssou N'Dour, mentre la tromba di Jon Hassel, le percussioni brasiliane e l'intreccio cupo delle tastiere contribuiscono a creare un momento di liturgia universale. 
A questo punto il coro della reprise di "With This Love" può apparire allora come a voce delle donne che piangono il Cristo morto, in attesa della resurrezione.
 Il flauto ney di Kudsi Erguner e i sintetizzatori di Gabriel tengono in vita il fragile bozzetto sonoro di "Wall Of Breath", che rasenta l'ambient music più rarefatta, prima del sussulto di "The Promise Of Shadows"
L'accenno di ritmo di quest'ultima sfocia in un assolo percussionistico nell'ossessiva "Disturbed", dove i tamburi africani e le tabla si sfidano a duello, relegando sullo sfondo il violino di Shankar.
Ma il tempo della mestizia è finito, la resurrezione arriverà, e a celebrarla con il massimo della solennità provvede la sinfonia di "It Is Accomplished", caratterizzata da cadenze quasi wagneriane e un trionfo di strumenti, dalle percussioni al tamburino, dall'arghul all'organo hammond, dal basso alle tastiere. 
L'opera si spegne lentamente sul fischio languido di "Bread And Wine", senza quasi che l'ascoltatore riesca ad accorgersi che il miracolo musicale di Peter Gabriel si è appena concluso.


Passion, che segna il debutto di Gabriel con la sua Real World, stregherà la critica di mezzo mondo, vincerà un Grammy come miglior disco new age dell'anno, e riuscirà perfino a entrare nelle classifiche di Usa e Gran Bretagna. 
I Momix, la compagnia di ballerini-illusionisti diretta dall'americano Moses Pendleton, ne faranno la colonna sonora di un suggestivo spettacolo teatrale. 

"Questo è stato uno dei dischi più importanti per me, un'opportunità come autore di provare a fare un tipo di lavoro diverso da quello che faccio di solito. Il brief per The Last Temptation Of Christ era di creare qualcosa che avesse riferimenti a quel tempo e a quella parte del mondo, ma che avesse un suo carattere e che fosse in un certo senso senza tempo.
Dopo aver finito di mixare il film, c'erano alcune idee incomplete che avevano bisogno di essere sviluppate e mi sono preso del tempo extra per completare il disco. Ci sono diversi pezzi che non potevano essere inclusi nel film e ho pensato che il disco dovesse essere in grado di stare come un corpo di lavoro separato. Abbiamo registrato alcuni dei migliori cantanti e solisti nel campo della world music e abbiamo impostato la colonna sonora su uno sfondo di ritmi e suoni tradizionali nordafricani. È stata un'esperienza meravigliosa lavorare con musicisti così diversi."

Da quest'opera prenderà l'abbrivio la rinascita della world music targata Gabriel, che si accompagnerà negli anni alla produzione di una moltitudine di dischi per musicisti del Terzo Mondo e a una serie di progetti internazionali, come il Womad, creato per dare visibilità in Occidente alle tradizioni dei luoghi meno conosciuti del mondo e trasformato in appuntamento annuale itinerante.
Come pubblicazione complementare a Passion, Peter Gabriel pubblicò quasi in contemporanea un album intitolato Passion Sources, che rappresenta una selezione di musica tradizionale, fonti di ispirazione e registrazioni in esterni che si collegano e hanno contribuito alla creazione dell'album  Passion. 





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