''I giorni si susseguono, e in ogni giorno è contenuta la nostra occasione.''
(Giorgio Caproni)
Luglio volge al termine, e con esso un altro ciclo si chiude. Come ogni organismo vivente, anche questo blog ha bisogno di respirare, distendersi, farsi silenzio per tornare parola. Per questo motivo, L’Urlo interrompe le pubblicazioni per il mese di agosto.
Torneremo a settembre, con la stessa fame di verità, con la stessa voglia di stare dalla parte sbagliata: quella degli ultimi, dei diseredati, dei folli e dei poeti.
Ma prima di salutarci, vale la pena voltarsi un attimo indietro. Un anno è passato, un anno che, nel tempo digitale, sembra un secolo. Un tempo fatto di urgenze e di silenzi, di battaglie culturali e di memorie da difendere con le unghie e con i denti. Questo blog, nato per essere un “manuale di resistenza al pensiero unico”, ha cercato di essere fedele al suo proposito.
Scrivere non come atto di consumo, ma come gesto necessario.
Non per compiacere, ma per disturbare le coscienze.
Non per aggiungere rumore, ma per sottrarre ipocrisia.
In questi dodici mesi abbiamo camminato su molti sentieri. Alcuni pieni di rovi, altri misteriosamente illuminati. Abbiamo scritto molto, riflettuto, a volte urlato. Ma sempre in compagnia. Ecco, allora, una mappa imperfetta ma sincera di ciò che abbiamo attraversato insieme.
Abbiamo aperto l’anno con uno sguardo su quella che abbiamo chiamato ''la resistenza culturale indipendente'', raccontando come artisti, musicisti, registi e pensatori fuori dal mainstream stiano riscrivendo le narrazioni tossiche della cultura dominante.
Un percorso che ha toccato la Sardegna di Dalila Kayros, di Daniela Pes e Iosonouncane, l’Africa cosmopolita di Angélique Kidjo, fino ad arrivare alla Berlino spettrale de ''Il cielo sopra Berlino''.
Abbiamo esplorato la possibilità che l’arte sia ancora in grado di ''disturbare il manovratore'', come diceva Pasolini.
Ci siamo chiesti, in fondo, se la bellezza possa essere ancora un atto politico.
Il 25 aprile e il Primo Maggio non sono stati per noi semplici celebrazioni rituali. Abbiamo cercato di restituire senso a quelle date, scavando tra la retorica e la carne viva della storia. Abbiamo parlato della Resistenza come forma di resistenza attuale, del lavoro come terreno di nuove lotte e antiche ingiustizie. In un’epoca che riscrive la storia con lo stile di un tweet, noi abbiamo provato a raccontarla con rispetto, profondità, passione.
Abbiamo dato spazio a figure borderline, immense e spesso dimenticate. Jim Morrison, con i suoi abissi di luce e morte. Michael Gira, sciamano disturbante del rock industriale.Anita Berber, simbolo erotico e tragico della Berlino degli anni Venti. E poi Fabrizio De André, reinterpretato attraverso il prisma di ''Storia di un impiegato'', ancora oggi manifesto di un’Italia irrisolta.
Abbiamo raccontato Robert Johnson, il bluesman che vendette l’anima al diavolo, e David Bowie, che con Heroes ci insegnò a resistere anche solo per un giorno.
Abbiamo scavato nei solchi dei Throbbing Gristle, pionieri del suono industriale, e abbiamo celebrato Laurent Binet, che in ''La settima funzione del linguaggio'' ci ha restituito la politica come teatro linguistico e ideologico.
Tra gli articoli più letti c’è stato lo speciale sull’LSD e il controllo sociale negli anni ’60/70, un viaggio tra coscienza espansa, esperimenti CIA e strategie di disintegrazione culturale. Oppure l’articolo sulla guerra dell’informazione, che ha provato a decifrare la giungla della propaganda digitale e delle fake news.
Abbiamo chiuso alcuni cerchi e aperto nuove domande.
È questo il bello (e il rischio) della scrittura: che non consola, ma agita.
Non risponde, ma provoca.
Scrivere oggi, nel mezzo dell’isteria digitale, della monetizzazione emotiva, del pensiero ridotto a slogan, è un atto di radicale resistenza. Significa rifiutare l’omologazione, scegliere la lentezza, recuperare lo spazio dell’approfondimento. Significa difendere la complessità contro la banalità, la memoria contro la dimenticanza, la poesia contro l’algoritmo.
Questo blog non ha mai cercato click facili.
Né ha mai accettato pubblicità, sponsorizzazioni, compromessi editoriali.
Ha scelto la via più lunga, più difficile: quella dell’onestà intellettuale.
E se tu, che stai leggendo queste righe, sei ancora qui, è perché questa voce, per quanto stonata rispetto al coro, ha trovato una risonanza.
Ci fermiamo per un mese. Agosto è il tempo della sospensione, della deriva, della contemplazione. Non pubblicheremo articoli, ma continueremo a leggere, ascoltare, osservare. Perché l’urgenza non va sprecata: va nutrita.
A settembre torneremo con nuove rubriche, nuovi approfondimenti, nuove rabbie e nuove visioni.
Buone vacanze a chi sogna ancora.
Che tu vada al mare, in montagna, in città o dentro te stesso, porta con te un libro, una canzone, un pensiero.
Disconnettiti.
Rallenta.
Sii inutile.
Riprenditi la tua voce.
Fallo come gesto rivoluzionario.
Noi saremo qui, ad aspettarti a settembre, con lo stesso urlo in gola.
A presto,
L'Urlo
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