lunedì 8 luglio 2024

DIschi da ascoltare


LANKUM - Live in Dublin

Chiudiamo gli occhi... ed ecco che parte il drone che introduce il fiddle dissonante e vagamente Velvet Underground con cui inizia  "The Wild Rover", primo brano dell'album.
Ed è un tuffo nella memoria, tant'è che di lì a poco, al termine del brano sentiremo Ian Lynch dire in maniera scherzosa "Questo è un affare molto, molto serio [...] quello che stiamo cercando di fare è strappare un'enorme lacerazione nel tessuto stesso dello spazio e del tempo".
Riportare indietro il passato per mostrare come esso possa essere una dichiarazione poetica e politica sul presente.
Un presente cupo, non c'è dubbio, scandito da un drone, con clangori funebri, tremuli e luminosi, da qualche parte tra schiavitù e rivolta, l'aratro e la macchina.
 I Lankum fanno musica perché non dimentichiamo; invocano l'oscurità, la attirano dentro come una vecchia amica.
L'ultima traccia, Bear Creek , è un promemoria tempestivo del fatto che grandi porzioni del loro set non includono il canto; alla fine, viole e violini ci suonano con l'American Old Time.
È tutto piuttosto brechtiano, dalla scomparsa degli artisti sul palco alla messa in primo piano degli strumenti, i tradizionali reel e la partecipazione del pubblico. Con il suo senso del tempo molto chiaro e la progressione logica, il suono scende in una sessione, insieme ai suoi elementi più profondi e urgenti: le persone, le comunità, i nostri fondamenti culturali e storici.
Grande album.

BEAK - >>>>

Dopo Beth Gibbons, ecco che anche Geoff Barrow, l'altra metà dei Portished, torna a dare segno di sè, seppure a distanza di ben otto anni dalla sua ultima apparizione.
E lo fa in maniera davvero notevole, affiancando alle già utilizzate matrici Kraut rock, delle sonorità che rimandano ai Sonic Youth, a spirali psichedeliche, nelle quali perdersi, come nell'ipnotica "Ah Yeh".
Un disco sicuramente non facile, ma dal notevole fascino.


MUIREANN BRADLEY - I kept these old blues

Ogni tanto esce un album che sorprende per la sua freschezza e che cattura l'essenza di uno stile musicale con grazia e purezza e una comprensione intima dei modi in cui funzionano le canzoni. 
A 17 anni (!), Murieann Bradley, originaria di Ballybofey nella contea di Donegal, Irlanda, ha sviluppato il suo stile di finger-picking sfumato e mostra il suo modo fluido e cristallino di suonare e cantare nelle sue interpretazioni di 12 standard blues nel suo album di debutto, I Kept These Old Blues .
Le dita di Muireann danzano sui tasti, piegando le corde sulle note giuste nella sua versione agile di "Buck Dancer's Choice". Non affolla mai le note negli arpeggi a cascata del brano, lasciando che si dispieghi in modo spazioso. La sua vivace interpretazione di "Freight Train" imita il movimento del treno, e il suo lavoro di chitarra e la voce vibrante evocano la gioia e la malinconia della canzone.
L'album si apre con una versione ritmata di "Candyman", mentre la versione espansiva di "Richland Woman Blues" di Bradley trabocca del suo abbagliante picking. La sua fluida interpretazione di "Shake Sugaree" sboccia in allegre corse soliste sui bridge strumentali e l'outro, e la versione vivace di "Vestapol" di Bradley illustra la sua spiccata capacità di suonare in modo sobrio e di lasciare a ogni nota lo spazio per respirare da sola e occupare il proprio spazio musicale.
Ogni canzone di I Kept These Old Blues è un gioiello e ci presenta un'artista che suona già con la sicurezza e la maturità dei maestri del genere.


SHACKLETON & SIX ORGAN OF ADMITTANCE - Jinxed by Being

Popol Vuh, Amon Dull, fumi di incenso, echi di India...sembra di essere all'interno di una macchina del tempo.
Sam Shackleton, re del dubstep, del dark ambient e dell'elettronica di ricerca, incrocia le armi con Ben Chasny, abituale frequentatore di territori psichedelico/lisergici.
Il risultato è proprio questo strano ambiente sonoro, mistico e misterioso ma non per questo meno affascinante.
"Open your soul, open your heart" recita la voce nell'iniziale "The Voice and the Pulse" ed è un invito ad abbandonarsi, a perdersi in questo affascinante universo.


LANDLESS - Llùireach

Ancora Irlanda e ancora, come nel caso dei Lankum, di cui sono gruppo di supporto, un'opera che vuole esplorare la forza comunicativa ed espressiva della musica popolare tradizionale e renderla vicina alle corde della sensibilità contemporanea.
Maggiormente vicino agli standard tradizionali, questo gruppo vocale di Dublino formato da quattro donne: Lily Power, Méabh Meir, Ruth Clinton e Sinéad Lynch, con le ballate contenute in questo album, racconta le storie di ragazzi che si danno al furto, mai ai danni di poveri, e che per questo sono in attesa della condanna a morte, delle mogli di marinai e della loro dura vita,  ma anche meravigliose canzoni d’amore avvolte di magia e dolcezza.
Canzoni legate da personaggi femminili tutt’altro che remissivi, ma che cercano di opporsi a un destino di oppressione e dolore. In gran parte canzoni tradizionali vecchie di secoli, ma non solo, e c’è anche in chiusura una canzone popolare slovacca appresa dalla cantante Eva Brunovská.


NIGHT VERSES - Every Sound has a Colour in the Valley of Night

Certo che è incredibile come un genere che si ritiene legato a tempi passati, come il cosiddetto prog, possa in realtà adattarsi anche ai tempi moderni, assumendo nuove forme e mostrando una notevole "duttilità".
Se negli anni '70 a prevalere erano visioni per lo più bucoliche, o quantomeno legate a scenari fantasy, il prog attuale assume aspetti inquietanti, rispecchiando in maniera perfetta i tempi attuali.
Ed è proprio in questi ambiti che si muovono i tre componenti dei Night Verses, che in questo album, prevalentemente strumentale, sciorinano il loro prog caleidoscopico che fonde crescendo postrock-ish con groove sbilenchi e ogni sorta di paesaggi sonori venati di fantascienza.
Se i pezzi più veloci evidenziano la perfetta conoscenza tecnica dei rispettivi strumenti da parte dei musicisti, anche  i tempi più lenti non sono un punto debole per questo gruppo; "Love In A Liminal Space" si bilancia tra arpeggi mid-tempo e sezioni ambient ed è una delle tracce più ossessionanti dell'uscita.
Dopo l'uscita del primo singolo, la band ha annunciato che, mentre scrivevano queste canzoni, avevano cercato di emulare il tipo di sensazione che si prova quando si guida nel deserto. Se si ascolta attentamente, si riesce a percepire quel tipo di atmosfera dell'album: i brani più veloci danno la sensazione di sfrecciare lungo un'autostrada nel deserto, mentre i brani più lenti trasmettono la sensazione di essersi fermati per ammirare il paesaggio.
In conclusione, da ascoltare assolutamente!!


STATO BRADO - Canzoni contro la ragione

Echi di CCCP, dei CSI, della voce di Giovanni Lindo Ferretti, strumenti tradizionali che si fondono con l'elettronica, siamo al cospetto di uno strano ibrido che, come hnno già scritto altri, tenta di fondere un De Andrè legato alla musica popolare con i Massive Attack.
I membri dello Stato Brado a proposito di questo disco hanno scritto: "Un concept album che ruota attorno alla tematica della bestialità, raccontata attraverso la voce di un circo freaks itinerante, che esprime e riafferma la propria diversità, il proprio essere "mostri" nei confronti di una società realmente mostruosa e malata, incentrata sul giudizio e sull'apparire".
Veramente splendida "Capre", nella quale un crescendo drammatico, che ricorda i finlandesi Sigur Ros, la voce ripete ossessivamente "la merda delle capre", donando a quelle parole significati che vanno ben oltre quelli rappresentati dal semplice suono.
Elettronica postagricola come ha scritto qualcuno?
Solo un gran disco.


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