mercoledì 24 luglio 2024

The Clash, Ribelli con una causa - Parte 1


"Quando arrivarono i Sex Pistols per me fu come una liberazione. Che non sapessero suonare per il momento non aveva alcuna importanza, finalmente quattro ragazzi che arrivavano e in venti minuti scatenavano un gran casino: a chi poteva fregare di subire tre ore di merdose suites degli Yes?"
A pronunciare queste parole di entusiastica approvazione dell'ondata punk che nel 1977 travolse l'ormai agonizzante universo della musica progressive, è stato un insospettabile Mick Hucknall che, di lì a qualche anno, avrebbe calcato anche lui i palcoscenici come cantante dei Simply Red.
Ma più dei Sex Pistols, rivelatisi essere quasi un giocattolo nelle mani di Malcolm Mc Laren, il ruolo di esponenti di punta di quel fenomeno, sia per spessore musicale che culturale, va senz'altro assegnato ai Clash.
Il gruppo si forma a Londra nel 1976 e vede inizialmente la partecipazione dei soli Mick Jones, assiduo ascoltatore dei New York Dolls e Mott the Hoople, grazie ai dischi in vinile che sua madre gli spediva regolarmente dagli Stati Uniti, dove era fuggita insieme a un soldato statunitense, e di Paul Simonon.
La scelta di quest'ultimo, più che a Mick sarebbe da attribuire a Bernie Rhodes, manager del gruppo, il cui apporto si rivelerà fondamentale nelle scelte iniziali e per il grande contributo stilistico.
Un giorno Bernie vide Paul entrare in sala prove per un provino come cantante, rimanendo subito colpito dall'aspetto del giovane: il classico "rude boy", alto, biondo, un novello James Dean, perfetto per il gruppo.
Sarà poi Mick Jones ad impartirgli lezioni di basso elettrico, dopo alcuni infausti tentativi con la chitarra. Reclutato in seguito Keith Levene alla batteria. nel ruolo di cantante viene poi scelto Joe Strummer, pseudonimo di John Graham Mellor, nato ad Ankara, figlio di un diplomatico e quindi proveniente da una famiglia dell'alta borghesia, a differenza di Mick e Paul, di chiare origini proletarie.
Si racconta che Joe, dopo essere stato in precedenza contattato da Berne Rhodes, stava camminando per strada quando Mick e Paul gli vennero incontro e Mick lo apostrofò in modo poco ortodosso, per il suo essere borghese e benestante. Joe rimase colpito dal ragazzo e quando scoprì che suonava nel gruppo in cui era stato chiamato si affrettò a contattare Bernie per confermare la sua adesione all'invito.
Joe era dotato di una voce roca e graffiante, rispetto a quella più "tradizionale" di Mick, che si rifaceva spesso ai Beatles e soprattutto agli statunitensi come Elvis Presley, e a quella davvero "popolana" di Paul, nonchè di un'ottima capacità di scrivere testi.
Saranno queste doti, tra le altre, a caratterizzare inconfondibilmente lo stile dei Clash e a conferirgli il successo raggiunto.

Furono i tre esplosivi singoli White Riot, Complete Control e Clash City Rockers ad incendiare Londra e a conferire ai Clash il ruolo di portavoce del movimento punk. Questi primi singoli sono percorsi dallo humour velenoso e sarcastico di Strummer, la cui pronunciata inflessione operaia, volgare e provocante, si avvale dei coretti di rinforzo alla Ramones, e dall'infiammato chitarrismo di Mick Jones, uno dei pochi "guitar hero" della generazione punk.
I pezzi costituiscono la perfetta colonna sonora della foga rabbiosa con cui i disoccupati metteranno a sacco Brixton pochi anni dopo. Fin da questi proclami i Clash si pongono alla testa del punk politicizzato: non sono profeti nichilisti dell'apocalisse come i Pistols, ma giovinastri di piazza che inveiscono contro i raid polizieschi, contro il razzismo e contro gli istinti totalitari del regime della crisi, adottando a medium espressivo un rozzo power-rock sottoproletario.

"La nostra musica è violenta, ma noi non lo siamo. Canzoni come “Guns On The Roof” e “Last Gang In Town” vogliono proprio essere contro la violenza. A volte ti devi mettere nei panni del tizio con la pistola. Non potrei mai farlo ma allo stesso tempo non puoi ignorare queste cose. Non siamo un gruppo del cazzo come i Boston o gli Aerosmith".                                                                                                                                                                                                                                    (Joe Strummer)

Grazie a un’insistente attività live in giro per l’Inghilterra, la fama dei Clash cresce esponenzialmente e Bernie Rhodes è lesto nel raccoglierne i frutti. Il 29 gennaio la band firma un contratto con la Cbs per un valore di circa centomila sterline. L’affare spiazza nettamente l’underground punk tanto che Mark Perry, autore della fanzine "Sniffin' Glue", vera bibbia del movimento, arriva a scrivere: “Il punk è morto nel momento in cui i Clash hanno firmato per la Cbs”.
Sarà anche morto il punk, ma è solo dopo aver firmato che i Clash possono finalmente entrare in uno studio per registrare il loro primo disco, album che, per attitudine e semplicità, aiuterà non poco il mondo a capire che cosa significa punk.

L'Inghilterra viene scossa da una band di musicisti sboccati e rivoltosi, che chiamano alla rivolta i propri coetanei, aizzandoli con una "White Riot" che rievoca disordini vissuti personalmente da Paul Simonon e Joe Strummer.



A maggio del '78 parte il loro primo tour europeo - il “White Riot Tour”- da protagonisti, con il supporto di Buzzcocks, Slits e Jam. La tournée ha successo e si conclude in un trionfo al Rainbow Theatre di Londra, dove i Clash riescono, definitivamente, a portare il loro punk a una grande platea.
La band vive il suo primo momento d’oro e, nonostante l’arresto di Strummer dopo aver scritto “The Clash” con lo spray su un muro a Camden Town, sembra che nulla possa fermarne l’ascesa.
Nello stesso anno, durante l'esibizione per il concerto Rock against Racism, Joe indossa la famosa t-shirt rossa con il logo della RAF (non l'aviazione inglese ma bensì la Rote Armee Fraktion)  e con la scritta RAF/Brigade Rosse.

Lo stesso Joe disse in quella circostanza: 

"Quel che fanno le Brigate Rosse penso vada bene, anche se è sbagliato andare in giro ad ammazzare la gente – sai, uccidono uomini d’affari e quelli che secondo loro stanno fottendo l’Italia – ma voglio dire il sistema è comunque brutale, tante gente muore a causa del sistema, e nessuno ha niente da dire". 

E' il 1978,  durante l'ultima data del tour americano dei Sex Pistols a San Francisco, un disilluso Johnny Rotten si lancia in una cover svogliata di “No Fun” degli Stooges e grida al pubblico: “Questo non è divertimento, per niente”! 
Tre giorni dopo, la band dell’anarchia inglese cessa di esistere.
L'originaria carica punk sembra ormai essersi esaurita, lasciando il campo a nuove sonorità e a nuovi contenuti, poi sfociati in quella che sarà definita "New Wave".
In questo frangente, dopo un lungo ricovero in ospedale di Joe Strummer per una grave forma di epatite la CBS, intenzionata a lanciare la band negli Stati Uniti, inizia a fare pressioni  per un sound meno grezzo e più adatto alle stazioni radio.
Jones e Strummer, ovviamente, non ci stanno e cercano di mediare attraverso Bernie Rhodes, il quale però cede alle insistenze della casa discografica che sceglie, per il secondo album, il produttore Sandy Pearlman (già con Van Halen e Blue Oyster Cult).
Le registrazioni iniziano ad aprile, ma il clima è molto teso, con i Clash a premere sull’acceleratore e Pearlman a levigare il sound in fase di mixaggio. 
Si arriva al punto di non ritorno nel mese di ottobre, quando Bernie Rhodes viene licenziato a causa di troppi dissapori e somme di denaro non corrisposte.

L'album "Give 'em enough rope", poi pubblicato, doveva essere la chiave per entrare nel mercato americano, ma alla fine in Inghilterra fece incazzare i duri e puri del movimento e pure qualche critico  non la prese per niente bene. Joe Strummer e Mick Jones avevano ancora scritto grandi canzoni punk da combattimento, ma avevano un suono che ne sperperava la grandezza, dissero.
I Clash continuavano a parlare la lingua della strada, magari avevano un leggero accento yankee, ma restavano i marxisti romantici dei primi giorni, e la copertina del disco parlava chiaro: sotto lo sguardo fiero di un soldato della Repubblica Popolare Cinese, due avvoltoi banchettavano sul cadavere di un cowboy americano, simbolo dell’imperialismo occidentale.
Forse “Give ‘Em Enough Rope” era un ottimo album di rock’n’roll, ma aveva il torto di arrivare dopo la dinamite dell’esordio, rispetto al quale sembrava una semplice molotov. Ad ogni modo, Joe Strummer si confermò il più grande poeta ribelle del punk e Mick Jones s’era comprato una nuova Gibson Les Paul per suonare le nuove canzoni come se fosse questione di vita o di morte. L’album iniziava col racconto amaro del viaggio nella Giamaica reggae di Safe European Home e ripartiva con l’attacco frontale a tempo di marcia ai fascisti del British National Front con il brano English Civil War.
Il terzetto di apertura del disco veniva poi completato da Tommy Gun, esplosivo power punk con il quale il gruppo chiariva la propria posizione sul terrorismo.

"Tommy Gun
Sto ritagliando la tua foto dalla prima pagina
Mi farò un giubbotto come il tuo
E darò il mio falso appoggio alla tua causa
Qualunque cosa vuoi, la otterrai!
Navi e carri armati e aerei, te la spassi così
Re, regine e generali imparano il tuo nome
Vedo tutti gli innocenti, il sacrificio di vite umane
E se la morte ha così poco valore, lo stesso vale per la vita!"

L'impressione generale fu quella di un passo indietro della band, che in realtà iniziava a prendere la rincorsa per arrivare alla gloria di "London Calling", l'album della vita, anche della mia.

(1 - continua)









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