Tempo di tirare le somme di questo 2024, e quindi eccovi la mia personalissima playlist musicale.
The Smile - Cutouts
Johnny Greenwood, il membro autoproclamatosi "più impaziente" dei Radiohead, una volta disse che avrebbe preferito se "i dischi fossero buoni al 90 percento, ma uscissero il doppio più spesso". È con questo spirito che gli Smile, il "piccolo" spin-off dei Radiohead, hanno pubblicato il loro secondo album del 2024, messo insieme dalle stesse sessioni che hanno prodotto Wall of Eyes ma, come Amnesiac , troppo bello per essere liquidato come un figlio bastardo.
Zach Schonfeld "Pitchfork"
The Cure - Songs of a lost world
“Songs Of A Lost World è un album che parla di fine, di perdita e di lutto, dei compromessi e delle confusioni che si aggrappano a una persona mentre va avanti nella propria vita, deformandone e distorcendone le intenzioni originarie. C’è una reale commozione nel guardarsi all’indietro in direzione
di un tempo e di un luogo in cui la vita era ancora una tabula rasa, prima che ci si ritrovi – come fa Robert Smith nella traccia finale - Endsong – a fissare il cielo chiedendosi dove si è finiti. Forse, dopotutto, il fatto che moriremo tutti ha la sua importanza”.
Victoria Segal, “Mojo”
King Hannah - Big swimmer
“Le chitarre colorano a tinte forti le linee tra le parole, ruggiscono, avvolgono e distorcono. Esemplare il quarto d’ora complessivo occupato da due brani come Suddendly Your Hand e Somewhere Near El Paso, vero cuore pulsante dell’album: canzoni che si presentano spoglie come alberi nel deserto per poi venire sommerse da una tempesta di elettricità”.
Carlo Bordone - "Rumore"
Beth Gibbons - Lives outgrown
“La cupezza autunnale dell’album è toccante e avvolgente, sebbene occasionalmente screziata di calore e luce. Dispaccio proveniente dai momenti più cupi della mezza età, Lives Outgrown è a tratti impegnativo, sovente splendido e invariabilmente avvincente”.
Alex Petridis, “The Guardian”
Adrianne Lenker - Bright Future
“Celebrazione di dissonanza emozionale che lega il cuore in mille nodi. Una delle migliori dichiarazioni emerse dall’universo creativo dei Big Thief. Traguardo poetico, supportato da una produzione che non è spoglia come sembra, ma affonda in profondità nel legno, con le unghie delle nude mani. Per quanto straziante, non si riesce a smettere di ascoltarlo”.
Robin Murray "Clash"
Arab Strap - I'm totally fine with it don't give a fuck anymore
“Parole su telefoni, apparenze, rumori connettivi e misere finzioni. Ma anche spinte elettroniche e gloriose melodie. Sin da Allatonceness, spietata sulla seduzione e la dipendenza causata dallo schifo online (ci ritornerà Sociometer Blues), puro wall of sound post rock. Bliss è il brano dance che puoi ballare pensandolo Joy Division, muovendo culo e coscienza, mentre Summer Season ha cadenza digitale ed echi Cohen”.
Maurizio Blatto, “Rumore”
Godspeed You!Black Emperor - No title as of 13 February 2024 28.340 dead
Inciso in brevissimo tempo, quasi di getto, l‘ottavo disco del gruppo canadese racconta per immagini sonore, sfaccettate e potenti, come sempre, la tragedia umanitaria di Gaza, cercando di trovare un filo di speranza all’orizzonte e dimostrandosi, ancora una volta, formidabili distillatori di melodie al tempo stesso elegiache e antiretoriche.
The Necks - Bleed
Il pionieristico trio improvvisativo australiano torna a guidarci fra gli interstizi del minimalismo. Questa volta abbiamo a che fare con una composizione unica, che diventa un flusso di coscienza per note sparse e silenzi.
Landless - Luireach
Un album, dieci canzoni, dove protagoniste sono le donne indomite e dedite all’amore in tutti i suoi aspetti. Poco importa che il clamore per il nuovo progetto del quartetto irlandese faccia seguito al successo di critica e pubblico dell’ultimo disco dei Lankum, gruppo con il quale le Landless condividono il produttore, John Spud Murphy. “Lúireach” è una perla che brilla di luce propria.
Gianfranco Marmoro "Onda Rock"
Mooon - III
“III”, terzo album di una band di giovani musicisti olandesi, è un collage psychedelic-beat e pop tra i più riusciti e frizzanti degli ultimi tempi. Un disco perfetto per tutti coloro che si dilletano nel cogliere richiami, assonanze e furti palesi, ovvero la sintesi dell’ultimo quarto di secolo della musica pop e rock.
Alessandra Novaga - The Artistic Image Is Always A Miracle
Una passione profonda lega Alessandra Novaga al cinema d'autore e a testimoniarlo con evidenza sono stati i lavori solisti prodotti in omaggio ad alcuni dei suoi massimi interpreti. Dopo la dichiarata dedica di "Fassbinder Wunderkammer" e quella a Derek Jarman in "I Should Have Been A Gardener", tocca ad Andrej Tarkovskij assurgere a guida di un nuovo tributo alla settima arte, cristallizzato in un tracciato che coniuga la sua poetica visionaria e le suggestioni iniettate nelle sue opere dall'utilizzo delle musiche di Johann Sebastian Bach.
Peppe Trotta "Onda Rock"
Jack White - No Name
“È un ritorno che si annuncia immediatamente come un candidato per il titolo di miglior disco solista di White: 42 minuti di blues punk travolgente che rivela che il vecchio Jack White è rimasto dietro le quinte per tutto il tempo, affamato e immutato, in attesa del momento giusto per fare il suo rientro”.
Evan Rytlowski, “Pitchfork”
Personaggio musicale dell'anno - Thom Yorke
Album italiano
Cosmo - Sulle ali del cavallo bianco
“Più adulto del solito, meno incline alle soluzioni facili, senza che ne risenta la spontaneità. Poche regole dunque, e tante idee, in 11 brani poco lineari ma del tutto compiuti: martelli rave e pianoforti, arpeggi acidi e cori di bambini, archi e house progressiva, parlati e cori da stadio, drum’n’bass e cantautorato italiano anni 80, una mina new beat come Troppo Forte, un gioiello palpitante come Momenti”.
Andrea Pomini, “Rumore"
Pubblicato ancora una volta dalla Raster (e da 42records sul mercato italiano) e composto parzialmente a distanza con Geist in ‘trasferta’ berlinese, l’album è un’espansione, anzi un riflesso prismatico, dell’esordio: sin dall’attacco de Il Profeta entriamo immediatamente in quell’universo sonoro di texture sintetiche e pulsazioni vivissime che Il Quadro ha saputo delineare fin da principio con, se vogliamo, poche pennellatemagistralmente meditate.
Mauro Bonomo, “SentireAscoltare”
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