A oltre cinquant'anni dalla sua morte, Jim Morrison resta una figura sfuggente, mitica, impossibile da ridurre a una formula. Frontman dei Doors, poeta visionario, spirito anarchico e autodistruttivo, Morrison è diventato, nel tempo, molto più che un semplice cantante rock. È un simbolo.
Ma di cosa? Della controcultura? Della libertà espressiva? Dell'autodistruzione romantica? O di tutto questo insieme?
Morrison vive ancora nelle fotografie in bianco e nero che lo ritraggono con lo sguardo perso nell'infinito, nelle registrazioni sgranate delle sue performance allucinatorie, nei versi che sembrano evocare antichi misteri più che riflettere le inquietudini del suo tempo. Eppure, nonostante la mole di biografie, film, documentari e saggi, la sua figura resta indecifrabile, come un enigma che si alimenta della sua stessa oscurità.
Jim Morrison non è mai stato soltanto una rockstar: ha incarnato, come pochi altri, la tensione tra arte e vita, tra creazione e distruzione, tra desiderio e morte. È stato un'icona pop e un filosofo da palcoscenico, un uomo che ha saputo trasformare la propria esistenza in opera d'arte, pagandone il prezzo con ogni fibra del suo essere.
La sua parabola, breve e bruciante, continua a parlarci perché tocca qualcosa di essenziale e irrisolto nel cuore stesso della modernità: il bisogno di assoluto in un mondo che ha perso il senso del sacro.
James Douglas Morrison nasce l'8 dicembre 1943 a Melbourne, in Florida, figlio di George Stephen Morrison, un ammiraglio della Marina statunitense, e di Clara Clarke. Cresce in una famiglia itinerante, seguendo il padre da una base militare all'altra, in un contesto di disciplina ferrea e valori conservatori. È in questo ambiente rigido e impersonale che il giovane Jim sviluppa un senso di estraneità, un rifiuto precoce dell'autorità, un'immaginazione vorace.
Un episodio chiave, che Morrison racconterà più volte con variazioni mitologiche, avviene durante un viaggio in New Mexico: un incidente stradale con un camion carico di operai pellerossa. Il piccolo Jim osserva i corpi sul ciglio della strada, e descriverà l'evento come una sorta di possessione spirituale: "Forse è stata l’anima di uno di quegli indiani a entrare in me."
Negli anni universitari, dopo un breve periodo alla Florida State University, si trasferisce a Los Angeles, iscrivendosi alla UCLA School of Theater, Film and Television. Qui studia cinema sperimentale, assorbe il fermento intellettuale dell’epoca e inizia a scrivere poesie. Ma è a Venice Beach, tra sabbia, sole e beatnik, che la sua trasformazione ha inizio. Lì incontra Ray Manzarek, studente come lui e tastierista, che resterà affascinato dai suoi versi e dalla sua visione.
I Doors nascono quasi per magia, come se fossero già scritti nel destino.
Jim Morrison ha sempre sostenuto di essere, prima di tutto, un poeta. Il rock era per lui un mezzo, non un fine. La sua sensibilità letteraria si forma su letture eterogenee e profonde: Nietzsche, con la sua visione dionisiaca della vita; Rimbaud, con l'alchimia del verbo; Blake, con le sue visioni mistiche e apocalittiche. Anche Antonin Artaud e il suo "Teatro della Crudeltà" influenzano profondamente il giovane Jim, spingendolo a concepire la performance come un'esperienza estrema e catartica.
I testi delle canzoni dei Doors sono spesso veri e propri poemi in musica. In "The End", ad esempio, Morrison intreccia l'Edipo Re, simbolismo orientale e psicanalisi in una narrazione delirante e affascinante. In "When the Music's Over" lancia un grido apocalittico contro la distruzione del pianeta: ''We want the world and we want it… now!''
Nel 1970 pubblica in edizione limitata due raccolte di poesie, The Lords and the New Creatures e An American Prayer, con testi profondamente visionari, che mescolano riflessioni sul potere, la religione, la sessualità e l’estasi.
Jim Morrison scrive come chi sta cercando di scardinare la realtà con le parole, e non come chi cerca un posto nel mercato editoriale.
La sua poesia è lacerante, ambiziosa, scomoda.
Sul palco, Jim Morrison diventa qualcosa di diverso da un semplice cantante. È sciamano, attore, sacerdote dionisiaco. Le sue esibizioni sono esperienze trasformative, sia per lui che per il pubblico. A volte caotiche, a volte magnetiche, spesso imprevedibili. C’è qualcosa di primordiale e rituale nei suoi gesti, nella sua voce, nelle sue improvvisazioni.
A differenza di molte rockstar del tempo, Morrison non cerca l’approvazione. Sembra invece voler disorientare, turbare, rompere le certezze del pubblico. Il suo corpo si muove come posseduto, i suoi occhi si perdono in visioni interiori, le sue parole sono spesso flussi di coscienza. Nei live più estremi, come quello di New Haven o di Miami, la sua performance supera i confini dell'intrattenimento e si fa atto politico, psichico, poetico.
Il pubblico dei Doors non assiste semplicemente a un concerto: partecipa a un rito.
E Morrison è il celebrante, il catalizzatore. In un’epoca in cui la musica si fondeva con la spiritualità e la ribellione, lui incarna la fusione perfetta tra eros e thanatos, tra desiderio e morte. È un corpo sacrificale, che si consuma per rendere visibile l'invisibile.
Ma ogni eccesso ha un prezzo. E nel caso di Jim Morrison, il prezzo è altissimo. La sua vita è un continuo oscillare tra lucidità visionaria e autodistruzione. L'alcol diventa presto un compagno quotidiano, sempre più ingombrante. Le droghe psichedeliche, inizialmente strumenti di esplorazione mentale, si trasformano in baratri.
Morrison è arrestato più volte: a New Haven per aver insultato un poliziotto, a Miami per atti osceni (un processo grottesco che durerà anni), in numerosi altri episodi che fanno parte tanto della sua leggenda quanto del suo calvario. Il sistema cerca di ingabbiarlo, di ridurlo al silenzio. Lui reagisce con provocazione, ma anche con crescente stanchezza.
La sua relazione con Pamela Courson, musa, amante e specchio oscuro, è tempestosa. Tra loro c'è amore viscerale, ma anche dipendenza reciproca, tradimenti, eccessi. Pamela sarà accanto a lui fino alla fine, e morirà tre anni dopo, probabilmente per overdose. Il loro legame, pur nel suo dolore, resta uno dei più autentici e tragici della storia del rock.
In un'epoca di trasformazioni violente, tra guerra del Vietnam, assassinii politici, rivolte urbane, Morrison si pone come voce fuori dal coro. Non aderisce alla retorica hippie della pace e dell'amore, né si iscrive al filone militante della sinistra radicale. La sua è una rivolta esistenziale, simbolica, filosofica.
Morrison denuncia il conformismo, la repressione sessuale, il potere mediatico. I suoi testi sono pieni di immagini apocalittiche, di visioni allucinate che descrivono una società sull'orlo del collasso. In "Five to One" canta: ''They got the guns, but we got the numbers'', evocando uno scontro generazionale che è anche spirituale.
È un anarchico dello spirito, più vicino a Antonin Artaud o a William Burroughs che a Bob Dylan. Rifiuta le regole, le convenzioni, i compromessi. E per questo diventa un bersaglio: il potere ha sempre paura di chi rifiuta di giocare secondo le sue logiche. La sua persecuzione giudiziaria è anche un tentativo di cancellare ciò che rappresenta.
Nel marzo del 1971, in compagnia di Pam, Jim Morrison lascia gli Stati Uniti. Vuole fuggire dalla pressione mediatica e giudiziaria, vuole scrivere, camminare, ritrovarsi. Parigi lo accoglie con la sua bellezza decadente, con le sue strade che hanno visto poeti, rivoluzionari, filosofi. Ma anche lì Jim è un uomo in fuga da se stesso.
Si dedica alla scrittura, visita i caffè, passeggia solitario, ingrassa, si ammala. Pamela è con lui, ma il loro rapporto è fragile. Le notti si fanno sempre più cupe. Il 3 luglio viene trovato morto nella vasca da bagno. Le circostanze sono nebulose. Nessuna autopsia, nessuna chiarezza. Solo domande: overdose? Suicidio? Un gioco finito male?
La tomba al cimitero di Père-Lachaise diventa un luogo di pellegrinaggio. Un altare laico per una generazione che ha visto morire i suoi dei troppo in fretta. Jim Morrison, come Janis Joplin, Jimi Hendrix e Brian Jones, è entrato nel Club 27. Ma la sua morte non ha chiuso il cerchio: lo ha aperto.
Chi era davvero Jim Morrison?
La domanda resta senza risposta. Per alcuni era un narcisista distruttivo, per altri un genio incompreso. Ma forse la verità è che Jim Morrison era entrambe le cose. Era luce e ombra, poesia e carne, estasi e agonia.
La sua eredità è difficile da codificare. I Doors continuano ad affascinare, a vendere dischi, a essere riscoperti. I suoi versi sono oggetto di studi accademici e di culto underground. Ma più ancora della sua musica o della sua poesia, è la sua figura a restare magnetica: un uomo che ha cercato l'infinito nel finito, e che ha fallito, gloriosamente.
Jim Morrison è l’artista che ha fatto del suo corpo e della sua voce un mezzo per squarciare il velo della realtà. Non ci ha offerto risposte, ma visioni. Non ci ha dato certezze, ma domande. E forse è proprio per questo che, ancora oggi, a distanza di tanti anni, resta con noi. Come un’eco. Come un sussurro nel buio. Come un enigma che non smette di pulsare nel cuore del nostro tempo.
Jim Morrison è stato tante cose: cantante, poeta, provocatore, visionario, martire della controcultura. Ma soprattutto, è stato un enigma. E forse è questo il segreto della sua immortalità: non ci ha lasciato un messaggio univoco, ma una serie di chiavi, di indizi, di domande.
Ogni generazione torna a lui in cerca di qualcosa. Alcuni cercano la ribellione, altri la poesia, altri ancora un senso di perdita condivisa. Ma tutti, in fondo, sentono che dietro la sua figura si nasconde qualcosa di irrisolto. Una verità che sfugge, ma che continua a brillare come un faro nella nebbia.
Morrison non è mai stato solo un uomo.
È stato, ed è, un’idea. Un’eco. Un richiamo all’abisso e alla bellezza.
E finché ci sarà qualcuno disposto ad ascoltare quella voce, a leggere quei versi, a danzare con i fantasmi, il Re Lucertola non morirà mai.
Date chiave: cronologia di una vita bruciante
8 dicembre 1943: nasce a Melbourne, Florida.
1947: l’episodio dell’incidente con i nativi americani, raccontato poi come evento iniziatico.
1965: incontra Ray Manzarek e fonda i Doors.
1967: esce l’album The Doors, con il singolo "Light My Fire".
1969: arrestato a Miami per atti osceni sul palco.
1970: pubblica le sue prime raccolte poetiche.
marzo 1971: si trasferisce a Parigi con Pamela Courson.
3 luglio 1971: viene trovato morto nella vasca da bagno.
1978: viene pubblicato An American Prayer, album postumo con le sue poesie lette su base musicale.
Playlist essenziale:
1. The End – Il capolavoro rituale, tragico, edipico. Un’esplorazione psichedelica degli abissi interiori.
2. When the Music's Over – Apocalittica e potente, con uno dei testi più provocatori della carriera di Morrison.
3. Riders on the Storm – Il testamento spirituale, con una voce che sembra provenire da un’altra dimensione.
4. People Are Strange – Una riflessione malinconica sull’alienazione, ancora attualissima.
5. L.A. Woman – Un inno alla città dell’eccesso, del desiderio, della perdizione.
6. Five to One – Brano di ribellione pura, carico di tensione generazionale.
7. The Crystal Ship – Poesia pura, tra amore e sogno, tra dolcezza e disperazione.
8. Celebration of the Lizard – Suite poetica sperimentale, il manifesto del Re Lucertola.
9. Break on through – L’urlo di nascita dei Doors: un invito a varcare i confini della percezione, ad abbattere le barriere tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.
10. Soul Kitchen – Omaggio al quotidiano sacro, tra fame fisica e fame spirituale.
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