venerdì 18 luglio 2025

Looking back 7: Throbbing Gristle - Second Annual Report (1977)


Non era musica, non lo era per i canoni dell’epoca, e forse non lo è nemmeno oggi. 
Eppure Second Annual Report, pubblicato nel novembre del 1977 da un collettivo chiamato Throbbing Gristle, ha cambiato tutto. 
Non solo le coordinate del suono, ma le fondamenta stesse dell’arte come strumento di disarticolazione percettiva, di sabotaggio ideologico, di violenza estetica. 
Non si trattava di comporre, ma di decomporre. 
Non si trattava di esprimere, ma di violare. 
Il disco non si ascolta, si subisce. 
È una ferita incisa su vinile, una trasmissione radio clandestina da un mondo postumano dove l’emotività viene processata come un codice meccanico. Quattro individui – Genesis P-Orridge, Cosey Fanni Tutti, Chris Carter e Peter Christopherson – provenienti dal collettivo artistico COUM Transmissions, che già aveva scioccato la stampa conservatrice britannica con performance che mescolavano pornografia, feticismo, sangue e ironia situazionista, decidono di portare la provocazione su un nuovo piano: non più il corpo come campo di battaglia, ma il suono come ordigno. 
Second Annual Report nasce da questa mutazione. È un documento, non un’opera. 
Un report clinico, freddo, impassibile, che disseziona l’essere umano come una carcassa. I titoli delle tracce – "Slug Bait", "Maggot Death", "After Cease to Exist" – non sono evocativi, sono letterali. Raccontano omicidi, tortura, disintegrazione dell’identità. 
L’album è diviso tra materiale live e studio, ma la distinzione è irrilevante: tutto suona come una registrazione trovata per caso su una frequenza militare pirata. Rumore industriale, loop disturbanti, voci processate, synth che imitano allarmi o strumenti chirurgici: questo è l’humus sonoro.
Eppure sotto lo strato abrasivo c’è una lucidità concettuale micidiale. I Throbbing Gristle non sono iconoclasti inconsapevoli: sono ingegneri dell’entropia. La loro musica non rifiuta la civiltà, la riflette. Anzi, ne è la conseguenza più logica. 


In un’epoca che ha prodotto Auschwitz, il napalm in Vietnam e il controllo di massa, l’unica arte onesta possibile è quella che ne riproduce fedelmente l’orrore. Lo scrivevano Burroughs e Ballard, lo mette in pratica TG. La registrazione live di "Very Friendly" è un caso emblematico: dieci minuti in cui viene narrato, in modo monotono e allucinato, il massacro compiuto nel 1963 dal giovane Ian Brady e la sua complice Myra Hindley (questi si resero responsabili, tra il 1963 e il 1965, dell'omicidio di 5 bambini e adolescenti, di età compresa tra i 10 e i 17 anni). 
È cronaca, ma suonata con l’impassibilità di un operatore del coroner. 
È pornografia della morte, ma esposta come un report clinico. La cover dell’album è altrettanto eloquente: un’immagine in bianco e nero, tecnicamente anonima, da dossier segreto. L’intera operazione è pensata per generare disorientamento: non si tratta di scandalizzare, ma di costringere lo spettatore ad assumersi la responsabilità della propria esposizione. 
Nessun filtro, nessuna metafora, nessuna via di fuga. 
Il disco fu pubblicato dalla Industrial Records, etichetta fondata dallo stesso collettivo, che diede origine al termine “industrial” come definizione di genere musicale. Ma sarebbe riduttivo considerarlo tale.
Il suono di TG non è un genere, è un gesto.
Una dichiarazione di guerra. 
Come disse Genesis P-Orridge: ''Non siamo una band. Siamo una minaccia''

Genesis P - Orridge

Dietro questa affermazione non c’era solo il gusto per la provocazione, ma una reale intenzione di hackerare la cultura dominante. Ogni concerto era un attacco, una seduta spiritica elettronica, una rivelazione traumatica. Non c’era intrattenimento, non c’era catarsi. Solo esposizione alla verità: l’uomo come macchina impazzita, la società come meccanismo repressivo, il linguaggio come arma. L’influenza di Second Annual Report è incalcolabile. 
Senza di esso non avremmo avuto Nine Inch Nails, Ministry, Coil, Current 93, Whitehouse, Laibach, Nurse With Wound, Merzbow, Godflesh. 
Ma il punto non è la genealogia sonora: è la dimensione gnoseologica dell’opera. Il disco non ha senso senza il contesto. Non è solo un prodotto del punk, ma la sua negazione. Là dove il punk conserva ancora una struttura canzone, una forma, un’identità ribelle, TG demolisce tutto: struttura, ritmo, voce, identità. 
È il grado zero della musica. 
Un anti-disco. 
Un virus. 
Dopo l’ascolto, tutto ciò che pensavi di sapere sul suono va rinegoziato. La musica come linguaggio viene decostruita, deprivata del suo potere comunicativo, trasformata in oggetto puro. Qualcosa di simile accadrà solo con l’avvento del glitch e del noise giapponese, ma TG l’aveva già fatto, senza computer, senza artifici, solo con ossessione e perversione intellettuale. 
Ecco perché Second Annual Report è irriducibile. 
Non si può descrivere, si può solo attraversare. È uno di quei lavori che non hanno un inizio né una fine, ma solo una soglia: quella che separa la civiltà dalla rovina.

Cosey Fanni - Tutti

Il 1977 è l’anno che chiude un decennio imploso su sé stesso. L’utopia si è corrotta, la politica ha ceduto il passo al cinismo, il sogno collettivo si è infranto contro la realtà economica della recessione e della sorveglianza. Londra è una città nervosa, dove le forze dell’ordine pattugliano più per prevenire che per proteggere, dove i giovani non cercano più lavoro ma senso, e i vecchi linguaggi culturali non funzionano più. 
I Throbbing Gristle arrivano in questo contesto come un’epifania del disagio, la forma sonora di una civiltà che si guarda allo specchio e non si riconosce. Second Annual Report non è un album da collezionisti, non è nemmeno un documento da musicologi. 
È una mina antiuomo. 
Chi lo ascolta interamente e a volume elevato lo sa: la mente cerca ordine, e TG risponde con entropia. La mente cerca empatia, e TG risponde con alienazione. 
Ma questo non accade in modo gratuito: è un processo chirurgico, uno scollamento controllato fra ciò che si ascolta e ciò che si sente. Non ci sono accordi, né melodia, né struttura. Eppure, paradossalmente, ogni brano ha una forma, un tempo interno, una logica.
La logica della paura, dell’ironia macabra, del dolore senza pathos. 
TG non sono mai stati interessati al compiacimento artistico, ma al controllo del mezzo. Sono loro che, anticipando i tempi, trasformano l'artista in ingegnere, il suono in protocollo, l’ascolto in procedura. Il pubblico non è destinatario ma complice: chi mette su Second Annual Report accetta tacitamente di violare il proprio senso di sicurezza.
Genesis P-Orridge, mente disturbante e disturbata, è il profeta laico di questa nuova estetica. Lo è anche fisicamente: voce e corpo che si modificano, identità liquida ante-litteram, fluida non per tendenza ma per trauma. In lui e in tutto il gruppo, la sessualità è zona di guerra, la memoria un campo minato, il linguaggio un virus. 
William Burroughs, Ballard, Antonin Artaud, Guy Debord e Brion Gysin sono i veri padri spirituali di TG. Non il rock, non il punk. I Sex Pistols sembrano burattini commerciali in confronto alla radicalità assoluta di Second Annual Report
Quando Johnny Rotten urla “No Future”, TG hanno già dimostrato che il futuro non solo è morto, ma è stato sepolto sotto un’infinità di rumori meccanici.


Lo shock visivo è parte integrante dell’opera. I live dei Throbbing Gristle sono celebri per la loro carica distruttiva: luci stroboscopiche, immagini di guerra, video pornografici, registrazioni reali di urla o tortura, feti umani in formalina, playback con strumenti improvvisati. Il palco è un ospedale psichiatrico post-industriale. Nessuna interazione con il pubblico, solo esposizione. In questo senso, TG anticipano il concetto di “installazione vivente”, di performance totale. 
Second Annual Report è un’emanazione di questa esperienza: non un album di canzoni, ma un campo di battaglia. 
Ogni suono è un proiettile, ogni pausa è un silenzio carico di morte.
Eppure, nonostante tutto, c’è un elemento profondamente umano in questo orrore controllato. È la consapevolezza che la bellezza è ormai inservibile. Che l’unica arte onesta è quella che riflette lo stato presente delle cose: confusione, dolore, repressione, spettacolarizzazione del male. È in questa intuizione che Second Annual Report si fa opera fondamentale. 
Non perché inaugura un genere, ma perché lo nega in partenza. 
Perché non c’è niente che gli somigli, prima o dopo. 
È l’equivalente sonoro di Salò di Pasolini. Dopo averlo visto, non si torna indietro. 
Dopo aver ascoltato Second Annual Report, non si può più ascoltare nulla allo stesso modo.


È questo il suo lascito più potente: l’irriducibilità. 
In un mondo che ha fagocitato tutto – il punk, il grunge, l’alternative, persino l’underground, i Throbbing Gristle rimangono un corpo estraneo. 
Impossibile da integrare, da normalizzare, da riprodurre. 
Non sono un fenomeno di culto, non sono nostalgia. 
Sono un virus latente, ancora oggi attivo sotto traccia. Ogni volta che un artista rompe il linguaggio, distrugge la forma, sovverte il significato, c’è una traccia di TG. Anche se non lo sa.
Per questo Second Annual Report non è semplicemente un “disco importante”
È un evento sonoro che ha rotto il continuum culturale. 
Una prova che, in fondo, l’arte può ancora far male.



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