Prodotto dall’esperto Glyn Johns, Combat Rock, pubblicato nel 1982, è il canto del cigno dei Clash, che decidono di tornare al singolo Lp senza azzardare alcun tipo di nuova magnificenza sonora. La realtà è, infatti, ben diversa: Strummer e Jones sono ai ferri corti e non riescono più a rincorrere insieme l’inventiva del passato.
Inventiva che, tuttavia, non sembra essere sparita del tutto.
Combat Rock è il disco più “americano” della band, se non altro perché è sicuramente quello più curato, professionale, scintillante.
il nuovo “rock da combattimento” non può più tornare indietro alle sonorità del punk degli esordi e, allora, adotta stilemi da “maturità” rock and roll, che utilizzano un sound più luminoso e commerciale.
E’ la nuova “Radio Clash” che brilla nel buio della tensione interna al gruppo, trasmettendo non-stop nuove hit e intense ballate. Basta sintonizzarsi e rispondere all’appello: “Questo è un servizio di pubblica informazione per chitarra” urla Joe Strummer nell'iniziale "Know your rights", come un nuovo Adrian Cronauer che urla ubriaco il suo “buongiorno, mondo”.
E si finisce per schizzare sull’attenti, da veri militanti del rock, quando Mick Jones si ricorda di essere un emulo di Keith Richards e fa partire il riff in accelerazione di “Should I Stay Or Should I Go”. Potrebbe essere visto come un blasfemo tradimento musicale, ma i Clash sembrano proprio decisi a esagerare quanto sperimentato in "Sandinista" con il groove da sala da ballo di “Magnificent Seven”, cercando e trovando il ritmo a prova di bomba di “Rock The Casbah”.
Sono le regole base del funk che ipnotizzano “Red Angel Dragnet”, ma che, invece, sovraccaricano “Overpowered By Funk”, rendendola una ridicola anticipazione di Prince.
Combat Rock appare come diviso, lacerato internamente da una lotta tra “forza” e “lato oscuro”.
I timidi rock and roll corali di “Atom Tan” e “Inoculated City” sono segni abbastanza evidenti di stanchezza.
Eppure, quando i Clash ritrovano la sperimentazione, è altrettanto evidente che siamo davanti a un gruppo che pesa e che non parla se non ha qualcosa di rilevante da dire.
La forza scorre, allora, nell’avvolgersi dub di “Straight To Hell” e nell’inquietudine jazzata di “Death Is A Star”, dove Joe Strummer insegue i suoi fantasmi di morte e apocalisse per l’ultima volta.
Il suono più pulito di Combat Rock trova subito i favori del pubblico americano, che trascina l’album al settimo posto in classifica, ispirato dai due singoli killer “Rock The Casbah” e “Should I Stay Or Should I Go”.
I preoccupanti problemi finanziari vengono presto risolti e Bernie Rhodes spinge i Clash a intraprendere una nuova tournée negli affamati Stati Uniti. A giugno parte, così, il “Casbah Club Tour” (con Terry Chimes alla batteria) che, davanti alle ventimila persone del Palladium di Los Angeles, pare far dimenticare le ormai irrisolvibili tensioni tra Strummer e Jones.
La popolarità è alle stelle e i Clash, ormai, hanno bisogno di spazi giganteschi come il Jkf Stadium di Philadelphia e lo Shea Stadium di New York dove suonano insieme a Santana e The Who.
E’ il Paradiso del rock, ma tutti sentono che i ragazzi stanno per finire dritti all’inferno.
E’ il 29 maggio del 1983: allo US Festival va in scena l’ultimo concerto dei Clash con Mick Jones.
Dopo un inquietante silenzio stampa, il 10 settembre il New Musical Express pubblica un comunicato: “Joe Strummer e Paul Simonon hanno deciso che Mick Jones deve lasciare il gruppo poiché si è allontanato dall’idea originale dei Clash. La band, comunque, continuerà a lavorare ritornando al progetto originario”.
Alla fine del 1983, Mick Jones fa parte di una storia ormai passata, ma il chitarrista replica al comunicato dell’NME:
“Quel che è riportato non corrisponde a verità. Volevo chiarire che non c’è mai stata nessuna discussione in merito alla mia cacciata dal gruppo. Io non sento di aver tradito nessuna delle idee originali del gruppo e continuerò a lavorare in quella direzione”.
Strummer e Simonon, nel frattempo, sono fermamente convinti nel proseguire l’avventura Clash, ma hanno bisogno, ancora una volta, di nuovi compagni di viaggio. Joe sta pensando di dedicarsi principalmente al canto e, così, assume due giovani chitarristi per dare linfa vitale alla band.
Nick Sheppard e Vince White non hanno però l’esperienza e la forza di Mick Jones e si riveleranno del tutto inadeguati per l’azzardato obiettivo del manager Bernie Rhodes di rilanciare i Clash nel panorama musicale degli anni 80.
Combat Rock, infatti, vende ancora molto bene e gli Stati Uniti richiamano a gran voce la band.
Rhodes, ovviamente, non vede l’ora di accontentare il pubblico americano e, all’inizio del 1984, organizza una sorta di tour-jukebox che porta in giro i grandi classici del gruppo.
Il ritorno alle radici profetizzato da Strummer si rivela, in realtà, un pretesto sconclusionato per darsi in pasto alla fame dei fan che continuano ad acclamare la band.
Il cosiddetto “Clash Mark II” non ha una direzione artistica precisa.
Lo stesso Joe Strummer non trova risposte significative ai punti interrogativi che gravano sulla band, finendo per mollare tutto e scomparire per un po’ dalle scene.
Ormai è rimasto solo Bernie Rhodes a credere nel futuro commerciale dei Clash ed è proprio lui che, senza volerlo, rifila la coltellata mortale al cuore del gruppo.
Alla fine del 1985, decide di mettere mano ad alcuni brani composti da Strummer, mixandoli e registrandoli senza il suo permesso. Joe si dissocia e disconosce il lavoro del manager, ma è troppo tardi: il nuovo album dei Clash è già in circolazione.
Cut The Crap è un disco che non sta in piedi, e che mostra in maniera esplicita la reale situazione del gruppo.
Strummer, nelle note interne all’album, cerca di ritrovare la via dell’impegno, ma l’internazionalismo musicale è, ormai, andato per sempre.
“Si può battere il vecchio sistema? No, non senza la tua partecipazione… Un cambiamento radicale comincia per la strada! Così se stai cercando un po’ d’azione… butta via la merda e vai lì”.
Ascoltando il rallentare melodico di “This Is England” si potrebbe anche aver voglia di seguire, ancora una volta, l’appello del pifferaio magico, ancora una volta in guerra contro l’Inghilterra della Thatcher. Ma l'ascolto degli altri brani rende assolutamente impossibile rispondere all'appello lanciato da Joe Strummer.
Con Mick Jones fuori dai giochi, l'antico furore diventa innocuo e finisce per annoiare, come nel riff di “Cool Under Heat”.
Questi non sono affatto i Clash e, allora, se si vuole parlare d’azione musicale, bisogna fare proprio come dice Strummer: buttare via questo disco e andare altrove.
E’, adesso, davvero la fine. Dopo l’uscita dell’album, un’ombra infamante viene gettata sul gruppo che, così, decide di sciogliersi.
Definitivamente.
Terminata ingloriosamente l’epopea dei Clash, mentre Mick Jones si dedica alla sua nuova band, i Big Audio Dynamite, Joe Strummer vive un periodo di crisi artistica che lo porta a non avere più le idee brillanti del passato.
Nel 1986 prova a rilanciarsi scrivendo “Love Kills” per il film di Alex Cox, “Sid And Nancy”, ma, soprattutto, riallacciando inaspettatamente il filo con il più ispirato Mick Jones che, nel frattempo, sta lavorando al secondo album della sua band.
Nel 1987, Joe Strummer tenta una nuova fortuna nel mondo del cinema e partecipa, come attore, al film western di Alex Cox, “Straight To Hell”.
La scommessa del chitarrista, tuttavia, è affidata alla composizione di diverse colonne sonore.
Walker, del 1988, mescola più o meno sapientemente accelerazioni rock e atmosfere latine, ma l’episodio più interessante è quello di Earthquake Weather, del 1989, che unisce, in stile Clash, folk elettrico, rock e reggae.
Strummer sembra, così, rinascere, fondando una band-meteora – la Latino Rockabilly War Band – con la quale torna sul palco per un tour inglese organizzato dall’associazione della sinistra anarchica Class War.
Le vendite degli ultimi album, tuttavia, procedono in maniera disastrosa, lasciando Joe in gravi difficoltà finanziarie e, soprattutto, in un altro momento di sfiducia in se stesso.
A parte la produzione di “Hell’s Ditch” dei Pogues (li seguirà anche in tour, prendendo momentaneamente il posto di MacGowan), l’ex leader dei Clash vive quelli che molti definiranno gli “anni desolati”.
Egli, infatti, si ritira dalle scene, passando tutta la prima parte degli anni 90 a suonare come dj nei rave e a registrare brani nella quiete della sua nuova fattoria nella campagna del Somerset.
Nel 1999 viene pubblicato, finalmente, il primo e unico disco dal vivo dei Clash.
From Here To Eternity è il degno testamento musicale di una band che, sul palco, ha dato tantissimo con calore, sudore ed elettrica energia.
Nel momento in cui parte “I Fought The Law”, si torna indietro alla furia grezza di Strummer e soci, quando la missione principale era incendiare le strade per scuotere le coscienze.
L’urlo impastato di “London’s Burning” e il riff di “Clash City Rockers”, le prime contaminazioni con il reggae di “White Man In Hammersmith Palais” e “Armagideon Time”.
Nel 2001 i Clash ricevono a Londra l’Ivor Novello Award per il loro innegabile contributo alla musica inglese.
Anche se solo per ritirare il premio, Mick Jones, Joe Strummer, Paul Simonon e Topper Headon si ritrovano insieme su un palco. Non succedeva dal 1982.
I quattro sembrano sereni, appagati, ma la risposta alle sempre insistenti proposte di reunion è sempre la stessa: la vecchia band è ormai una leggenda e nessuno ha intenzione di scalfirla.
Nel novembre 2002, tuttavia, Mick Jones raggiunge Joe Strummer alla Acton Town Hall di Londra per un concerto benefico in favore del sindacato dei vigili del fuoco inglesi. Il solito impegno sociale si tinge di un colore del tutto particolare e inaspettato.
“Bankrobber”, “London’s Burning” e “White Riot” sono i sussulti di un piccolo momento che i due musicisti non condividevano da quasi vent’anni.
Il 21 dicembre, in un tranquillo pomeriggio nella sua casa del Somerset, Joe Strummer, seduto in cucina, viene stroncato da un infarto.
Nel 1977 cantava: “Londra brucia di noia, sono nel sottopassaggio e cerco casa mia. Corro nel vuoto pietrificato perché sono solo”.
Il suo cuore ha bruciato per cinquant’anni… ora lascia le fiamme a noi, perché non è solo e ha trovato casa.
1979.
Joe Strummer: “Le riserve di petrolio dureranno ancora diecimila giorni”.
Giornalista: “Vuoi dire che ci restano diecimila giorni per trovare una fonte d’energia alternativa?”.
Joe Strummer: “No, voglio dire che ci rimangono ancora diecimila giorni per fare rock and roll”.
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