giovedì 24 ottobre 2024

Napoli Velata di Ferzan Ozpetek: Esoterismo, Mistero e il Fascino Eterno di Napoli

 

Napoli Velata (2017) di Ferzan Özpetek è una pellicola che attraversa il confine tra realtà e mistero, immergendosi nel cuore esoterico di Napoli, una città dalla storia millenaria, dove mito e leggenda si intrecciano con il quotidiano. 
Il film si rivela una finestra su un mondo nascosto, in cui la trama gialla si fonde con un'esplorazione dell’anima della città, dei suoi simboli e delle sue tradizioni.
Napoli è una città dalle mille anime, e Özpetek cattura in Napoli Velata una delle sue facce più affascinanti e misteriose: l'anima esoterica. La città, infatti, è da sempre associata a simbolismi magici e occultismi, una stratificazione di credenze antiche che ha radici profonde nelle sue origini greche e romane.
Nel film, Napoli diventa non solo lo scenario della vicenda, ma un vero e proprio personaggio che condiziona la narrazione, con i suoi vicoli, le sue ombre e i suoi simboli nascosti.
Sin dalle prime scene, Özpetek ci introduce in un mondo sospeso tra razionale e irrazionale, dove le linee tra il visibile e l'invisibile sono volutamente sfocate. La protagonista, Adriana (interpretata da Giovanna Mezzogiorno), è una patologa forense che, pur vivendo immersa in un ambiente scientifico e razionale, viene attratta e risucchiata da un universo fatto di enigmi e apparizioni. Napoli diventa quindi la porta d’accesso a un mondo nascosto, dove il simbolismo è la chiave per comprendere non solo la città ma anche il destino dei personaggi.
Il titolo stesso del film, Napoli Velata, suggerisce la presenza di un segreto da svelare, un mistero nascosto sotto la superficie della quotidianità. Il concetto del "velo" ha una valenza simbolica fortissima, e si rifà direttamente a una delle opere d’arte più iconiche e simboliche di Napoli: il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, conservato nella Cappella Sansevero.


Quest'opera, raffigurante il Cristo morto coperto da un sudario di marmo trasparente, è un potente simbolo di come la verità possa essere nascosta sotto strati di apparenze. Il velo è traslucido, quasi trasparente, ma la realtà rimane sempre parzialmente nascosta, invitando lo spettatore a svelarne il mistero.
Il tema del Velo ricorre spesso nella cultura partenopea: oltre alla famosa statua del Cristo Velato della Cappella Sansevero, realizzata da Giuseppe Sanmartino, su commissione del celebre alchimista Raimondo di Sangro, si ritrova anche nel rito arcaico della “figliata”, legato alla cultura dei femminielli, in cui viene rappresentato il parto maschile, con un velo che separa il palcoscenico dal pubblico, scena con la quale si apre il film
Nel film, il tema del velo è ripreso visivamente e narrativamente in vari modi. Napoli appare come una città avvolta in un velo che nasconde verità oscure e profondi segreti. I personaggi stessi sembrano muoversi in uno stato di perenne ambiguità, sia nei rapporti che nelle loro motivazioni. Adriana è avvolta da un velo di tristezza e isolamento, e il suo incontro con il giovane Andrea (interpretato da Alessandro Borghi), che scompare misteriosamente dopo una notte di passione, diventa il catalizzatore per la sua discesa in un mondo sotterraneo fatto di segreti familiari, morte e tradimenti.
Un velo che, con la sua opacità, pur se rarefatta, si pone come impalpabile diaframma tra realtà e finzione, tra rappresentazione e vita. Una trasparenza percettiva che suggerisce, incuriosisce, ma che oppone anche una barriera allo sguardo, quasi una difesa, come se la realtà fosse troppo violenta da vedere senza filtri e mediazioni.
Il film è disseminato di continui rimandi al tema dello sguardo, ontologicamente legato al cinema, e magnifica ossessione di molti registi. Occhi, monili antichi, architetture, sculture, maschere, si rincorrono nelle sequenze più importanti, segnando in modo simbolico i principali snodi narrativi e finendo per rappresentare il vero "filo conduttore" del discorso filmico. All’interno di questo ammaliante percorso, il velo sembra suggerire l’ambiguo confine tra vedere e percepire, tra reale e immaginario, tra vero e falso.


Özpetek, da maestro della messa in scena emotiva e sensoriale, intreccia la trama con numerose leggende e simbolismi esoterici tipici della cultura napoletana. Napoli è una città che pullula di storie legate al mistero e all’occultismo, e il regista le esplora con grande cura, facendo emergere il lato magico della città.
Uno degli aspetti più affascinanti del film è il ruolo delle credenze popolari e delle tradizioni esoteriche. Napoli è notoriamente legata alla tradizione delle janare, le antiche sacerdotesse della Dea Diana,  donne che si diceva praticassero magie segrete e che fossero in grado di attraversare il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Sebbene questa figura non sia esplicitamente nominata nel film, lo spirito di queste leggende è palpabile nelle atmosfere che Özpetek crea. 
Adriana, in un certo senso, diventa una figura iniziatica, guidata da segni e simboli attraverso un percorso di scoperta di sé e dei segreti nascosti dietro la morte di Andrea.
Il richiamo alle forze occulte e alla simbologia alchemica è evidente anche nella presenza della Cappella Sansevero, un luogo che incarna perfettamente l’interesse della città per l’esoterismo, con la figura del principe Raimondo di Sangro, alchimista e scienziato, che viene evocata attraverso l’ambientazione del film, con la sua ossessione per l’immortalità e per la conoscenza segreta che permea tutto il tessuto narrativo. 
Le leggende legate alle sculture della Cappella e alle misteriose macchine anatomiche che si dice siano frutto di esperimenti proibiti creano un sottofondo sinistro che arricchisce la dimensione esoterica della trama.


Uno dei temi centrali del film è la morte, ma non solo nel senso fisico del termine, ma come simbolo di trasformazione, un passaggio obbligato verso una nuova consapevolezza. Adriana, in qualità di patologa forense, vive quotidianamente a stretto contatto con i corpi senza vita, eppure la sua personale comprensione della morte evolve nel corso del film.
L’incontro con la morte violenta di Andrea, che lei stessa dovrà esaminare all’obitorio, rappresenta una sorta di "morte interiore" per Adriana. Da quel momento, la sua vita viene risucchiata in un vortice di paranoia, visioni e scoperte, che la portano a mettere in discussione la propria identità e il proprio passato. Napoli, con i suoi riti esoterici, i suoi miti di resurrezione e le sue credenze sulla vita dopo la morte, diventa un ambiente fertile per esplorare questo tema.
In particolare, la scena dell’iniziazione esoterica a cui Adriana partecipa, ambientata in un antico palazzo napoletano, richiama antichi riti di morte e rinascita che hanno radici nei misteri eleusini e nelle tradizioni gnostiche. Questi rituali servivano per rivelare verità nascoste e portare l'iniziato a una nuova comprensione della vita e dell’universo. Nel contesto del film, questa cerimonia segna un punto di svolta per Adriana, che da quel momento inizia a percepire la realtà in modo diverso, come se fosse stata "risvegliata" a una nuova consapevolezza.
Napoli è una città intrisa di simboli e mitologie, e Özpetek utilizza l'architettura della città come un ulteriore livello di narrazione. Le riprese della città, con i suoi stretti vicoli, le sue piazze segrete e i suoi edifici storici, trasmettono una sensazione di labirinto, un simbolo spesso associato alla ricerca della verità nascosta e alla scoperta di sé.
Il labirinto, in molte tradizioni esoteriche, rappresenta il viaggio dell'anima attraverso le complessità della vita, un percorso tortuoso che conduce infine alla rivelazione. Napoli, con la sua struttura urbanistica intricata e disorientante, diventa una metafora di questo viaggio interiore. I personaggi si muovono attraverso questo labirinto, cercando risposte che sembrano sempre sfuggire. Adriana stessa è intrappolata in un labirinto emotivo e psicologico, e il suo percorso attraverso la città riflette la sua ricerca di una verità che sembra sempre più elusiva.

particolare del pavimento della Cappella Sansevero

Un altro aspetto chiave del film è la rappresentazione del femminile, sia nella sua dimensione sacra che in quella profana. Napoli, storicamente, ha una forte connessione con il culto della Madonna e delle sante. 
Tuttavia, accanto a questa immagine sacra del femminile, esiste anche un lato oscuro e profano, rappresentato dalle figure di streghe, donne seducenti e portatrici di segreti proibiti.
Adriana, nel film, incarna entrambe queste dimensioni.
Da un lato, è una donna forte e indipendente, ma dall'altro è vulnerabile e intrappolata in una rete di emozioni oscure e desideri repressi. Il suo rapporto con la città riflette questa dualità: Napoli è sia madre accogliente che amante pericolosa, una città che attrae e respinge allo stesso tempo, proprio come fa con Adriana.
La scena della cerimonia esoterica, che vede la partecipazione di sole donne, sottolinea questa ambiguità del femminile, presentando un’immagine di potere, ma anche di mistero e segretezza. Queste donne sembrano custodire verità antiche, e la loro connessione con la protagonista suggerisce un legame ancestrale con il potere femminile che va oltre la semplice dimensione umana.
Özpetek utilizza la città come specchio per riflettere i segreti nascosti e le paure interiori dei personaggi, costruendo una trama che è tanto un thriller quanto un viaggio spirituale. Le leggende e i miti napoletani vengono abilmente intrecciati alla narrazione, creando un’atmosfera di costante tensione tra il visibile e l’invisibile, tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Il film solleva più domande di quante ne risponda, ma in questo risiede il suo fascino: come Napoli stessa, Napoli Velata è un enigma che invita lo spettatore a guardare oltre il velo delle apparenze, per scoprire le verità nascoste sotto la superficie.

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