Il 1978, con l’uscita di Music For Airports, la pubblicazione ufficiale di Music For Films, dei dischi dei Devo e dei Talking Heads e della compilation No New York, si dimostra un anno incredibilmente significativo per il Brian Eno artista, curatore e produttore, trasformandolo in una sorta di nuovo Re Mida: tutto quello che toccava diventava un argomento di conversazione, l'inizio di una nuova tendenza oppure un concorrente per i primi posti in classifica, come verificatosi nei casi di David Bowie, dei Devo e dei Talking Heads.
Nel 1978 c’è pure il tempo per partecipare alle registrazioni dell’esordio solista di Robert Fripp, Exposure, e soprattutto per collaborare attivamente alle session per il terzo capitolo della “trilogia berlinese” (anche se in realtà registrato a Montreux e a New York) di David Bowie.
Nella realizzazione di Lodger, sinuosa progressione di canzoni art rock, tra rimandi etnici e influenze più o meno dirette, da Scott Walker e David Byrne, Eno ha un ruolo più influente rispetto a Tony Visconti, non solo firmando insieme a Bowie sei brani su dieci, ma intervenendo in maniera forte in tutte le fasi della produzione, fino al mixaggio.
Agli abituali musicisti del Duca Bianco si aggiunge qui la geniale chitarra di Adrian Belew, utilizzata con modalità "oblique" come quella di Fripp per "Heroes". Sia Exposure di Robert Fripp che Lodger, verranno poi pubblicati nel 1979.
Intanto il sodalizio artistico con David Byrne si fa ancora più forte.
Nel ’79 Eno coproduce Fear of Music, terzo album dei Talking Heads, clamoroso ulteriore passo avanti nella delineazione di un nuovo approccio avant pop.
La scrittura "fulminante" di Byrne, le compattezza della band e le soluzioni sonore di Eno si completano a vicenda.
Due tracce vengono firmate Byrne/Eno: l’opening track I Zimbra, afrofuturistico funk frippiano-dadaista, il cui testo è preso da un poema sonoro del tedesco Hugo Ball, tra i fondatori del Cabaret Voltaire, e la traccia conclusiva Drugs, tra espressionismo e dub.
Come espresso da Brian in una conferenza tenuta nel luglio ’79 durante il New Music America Festival, lo studio di registrazione è ormai un vero e proprio strumento compositivo.
Nel frattempo Eno scopre le potenzialità dei video, riaccendendo le mai sopite passioni per l’arte: sempre a luglio l’opera Two Fifth Avenue, la prima delle tante installazioni video della sua carriera, accompagna una performance di Robert Fripp.
In questa fase gli interessi musicali di Eno, e Byrne, sono rivolti ai dischi di musica etnica della label francese Ocora, l’afrofunk di Fela Kuti, la raccolta Actual Voices Of Ex-slaves a cura di John Henry Faulk, e i programmi radio ad onde corte.
In quel periodo avviene l’incontro con Jon Hassell, trombettista di Memphis, studi musicali con Stockhausen e Pandit Pran Nath, già autore di un ottimo esordio, Vernal Equinox, pubblicato alla fine del 1977 e il suo concetto di Quarto Mondo, originale sincretismo tra fascinazioni asiatiche e africane, minimalismo e influssi davisiani.
L'incontro porta alla successiva realizzazione del bellissimo album Fourth World Vol. 1 – Possible Musics, firmato Jon Hassell / Brian Eno e pubblicato nel 1980.
L’apporto di Eno è sicuramente meno rilevante rispetto a quello di Jon Hassell dal punto di vista musicale, ma è proprio attraverso l’imprimatur di Eno che Hassell trova visibilità e attenzione. Nel 1981 uscirà un secondo volume di Fourth World, Dream Theory In Malaya, questa volta attribuito al solo Hassell, con Eno presente nei credits in veste di collaboratore.
Nell’autunno del 1979 Eno lavora con Harold Budd al secondo album della serie Ambient: The Plateaux of Mirror. L’album, raccolta di suadenti melodie pianistiche, viene registrato in uno studio di registrazione di Hamilton, Ontario, Canada, diretto dai fratelli Bob e Daniel Lanois, e pubblicato nell’aprile del 1980.
Nel 1979 c’è ancora tempo per registrare Ambient 3: Day of Radiance, firmato da Edward Larry Gordon, aka Larry G, aka Laraaji, uno degli artisti di strada (buskers) incontrati a Washington Square Park: ipnotici pattern di "danze gamelan" e "meditazioni" con dulcimer e cetra elettrificata "aumentati" dalla produzione di Eno.
Gli ascolti e gli interessi etnomusicologici condivisi tra Eno, Byrne e Hassell portano il trio a fantasticare su una serie di registrazioni basati su una cultura immaginaria, seguendo così la stessa via che contemporaneamente stava percorrendo Holger Czukay dei Can, e che in un certo senso avevano appena percorso i Residents con Eskimo.
Il progetto si modifica in corso d’opera, perdendo per strada Jon Hassell.
Per un certo periodo l’idea di Eno & Byrne divenne quella di realizzare la colonna sonora per uno show televisivo degli Electric Boogaloos, il gruppo di ballerini robo-funk condotti da Toni Basil: l’idea tramonta, ma anch’essa rimane come sottotesto di My Life In The Bush Of Ghosts, album che personalmente ritengo presenti il migliore rapporto di sempre tra importanza storica e piacevolezza all’ascolto.
Utilizzando come basi le tracce uscite dalle sessioni tenute a New York, Los Angeles e San Francisco tra l’agosto del 1979 e l’ottobre del 1980 con la partecipazione di nomi come il solito Robert Fripp, Bill Laswell (Material), Tim Wright (Pere Ubu, DNA), David Van Tieghem, Busta Jones e Chris Frantz dei Talking Heads, e come linee vocali diverse “voci trovate” (di evangelisti, esorcisti, politici o cittadini indignati tratte da trasmissioni radio o di cantanti mediorientali da dischi di world music), montate seguendo l’impostazione di R.A.F. e delle tracce Healthy Colours.
Il disco, il cui titolo è tratto da un romanzo del nigeriano Amos Tutuola, è un nervoso e irresistibile collage new wave/funk/tribale/quartomondista, di incalcolabile influenza sulla musica a venire.
Pur se praticamente pronto prima dell’estate del 1980, anche a causa delle difficoltà incontrate nelle pratiche dei diritti di utilizzo dei vari "sample" utilizzati, l’album sarà pubblicato solo nel febbraio del 1981, mesi dopo quindi Remain in light, quarto album dei Talking Heads, il terzo della band prodotto da Brian Eno, altra pietra miliare, immancabile in ogni ricostruzione storica del meglio degli anni Ottanta.
Le registrazioni per l'album, che doveva inizialmente chiamarsi Melody Attack e poi diventerà Remain In Light, partono a luglio nei Compass Point di Nassau, e si completano ad agosto ai Sigma Sound Studios di New York.
Più che risultare come quinta Testa Parlante, figurando non solo come produttore, ma anche come co-autore di tutti i brani dell’album e musicista aggiunto,al pari di Adrian Belew, Nona Hendryx e Jon Hassell, tra gli altri, Eno è vera e propria "miccia mentale", condividendo con David Byrne visione e impegno.
L’album porta a compimento gli slanci in avanti contenuti in Fear Of Music, tra influenze africane, funk e sincopi elettroniche.
Nessun cambio di accordi: solo ritmi, poliritmi e "futuritmi", su cui si appoggiano testi tra il cut-up burroughsiano e il "flusso di coscienza": la festa tribale felakutiana parte con l’uno-due da K.O. tecnico Born Under Punches (The Heat Goes On), Crosseyed And Painless, sublima con Once In A Lifetime e chiude elegiaca con Listening Wind e la joydivisionista The Overload.
Remain In Light viene pubblicato l’8 ottobre 1980.
Da quel momento in poi i ritmi di lavoro di Brian Eno, fino ad allora frenetici, rallentano.
(4 - continua)
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