giovedì 27 marzo 2025

Interviste Impossibili


Dopo un viaggio estenuante lungo il fiume Nùng, attraverso una giungla opprimente e ostile, immerso in un'umidità che ti fa sudare anche l'anima, seguendo le tracce del Capitano Willard, arrivo a una sorta di avamposto fortificato, circondato da palizzate di legno e torri di guardia rudimentali. L’atmosfera è carica di tensione: i guerrieri locali osservano con sguardi inespressivi mentre vengo scortato verso il cuore del rifugio.
Il suono dei tamburi rituali risuona nell’aria, creando un ritmo ipnotico che sembra annullare ogni senso del tempo.
Vengo introdotto in un ambiente oscuro, illuminato solo da poche torce, e noto pile di libri sparsi ovunque, armi ammassate in disordine e offerte votive lasciate dai suoi seguaci. 
L'aria è densa dell'odore della giungla umida mescolato al fetore della decomposizione delle teste mozzate.
Dall'oscurità emerge una figura quasi mitologica: alto, emaciato ma carismatico, con uno sguardo penetrante che sembra vedere oltre la realtà immediata. È seduto su una poltrona rudimentale in mezzo a un tempio in rovina adornato da simboli oscuri. 
Indossa una camicia militare strappata e pantaloni mimetizzati sporchi; il suo aspetto è quello di un uomo che ha abbandonato ogni convenzione umana.
Il Colonnello Walter E. Kurtz.


Dopo avermi attentamente scrutato, quasi ad anticipare ogni mia possibile domanda, il Colonnello parla:

"Il mondo è un luogo oscuro, una giungla in cui l'umanità si perde tra le ombre della propria follia. La guerra, la violenza e la disperazione sono diventate parte integrante dell'esistenza umana. Non possiamo ignorare il caos che ci circonda; dobbiamo abbracciarlo, comprenderlo. Solo così potremo affrontare la verità cruda e spietata che ci attende. La civiltà è una facciata fragile, e sotto di essa giace il mostro che siamo davvero. 
La gente non vuole vedere ciò che accade realmente. Si rifugia in illusioni, mentre il mondo brucia intorno a noi. La guerra rivela la natura umana nella sua forma più pura, senza maschere né inganni. Ciò che è giusto e sbagliato si confonde in un mare di sangue e dolore. Eppure, c'è una bellezza terribile in questa verità; una sorta di liberazione nell'accettare l'inevitabilità della nostra oscurità.
In questo momento storico, possiamo scegliere di ignorare il grido della giungla o affrontarlo con coraggio. Ma attenzione: chi sceglie di guardare negli abissi potrebbe scoprire che gli abissi guardano dentro di lui.
La guerra è un'arte, un'espressione della follia umana che si manifesta in modi inimmaginabili. Ogni uomo coinvolto diventa un pezzo di carne, una pedina sacrificabile nel grande gioco del potere e dell'avidità. Non c'è spazio per la pietà, non c'è posto per la compassione; solo il suono delle esplosioni e le urla di chi ha perso tutto.
La società moderna è come un fragile castello di carta costruito su fondamenta marce. Ci illudiamo che la pace possa essere raggiunta attraverso il dialogo e la diplomazia, ma quando i tamburi della guerra risuonano, ogni parola diventa insignificante. 
La verità è che siamo animali predatori; l'istinto di sopravvivenza prevale su qualsiasi idealismo.
In questo mondo dilaniato dalla divisione e dall'odio, l'unica costante è il caos. Eppure, nel cuore di quel caos c'è una sorta di ordine primordiale. Coloro che osano abbracciare questa realtà possono trovare una forza inimmaginabile. Ma attenzione: quel potere può consumarvi se non siete pronti ad affrontare le conseguenze delle vostre scelte.
Il mio viaggio nella giungla mi ha insegnato più sulla natura umana di quanto avrei mai potuto apprendere nelle aule della civiltà. 
Ho visto uomini trasformarsi in mostri e mostri diventare dei; ho visto il confine tra bene e male dissolversi come nebbia al mattino. Siamo tutti parte dello stesso ciclo infinito di vita e morte, creatori e distruttori.
E allora io chiedo: cosa sceglierete? 
Continuerete a vivere nell'illusione o avrete il coraggio di guardare negli occhi l'oscurità? 
Solo allora potrete scoprire chi siete veramente".

Le ultime parole sembrano rimanere sospese nell'aria, continuando ad echeggiarmi nella testa, e quasi senza accorgermene, dalla mia bocca escono le seguenti parole: "Quale può essere allora la soluzione?"


"La soluzione non è semplice, né comoda. Non possiamo sperare di risolvere il caos con le stesse menti che l'hanno creato. Dobbiamo affrontare la verità brutale e accettare che il cambiamento richiede sacrificio. 
Innanzitutto, dobbiamo smettere di ignorare la nostra natura intrinsecamente violenta e confrontarci con essa. Solo riconoscendo le nostre tenebre potremo iniziare a costruire una nuova comprensione della pace. È necessaria una profonda introspezione collettiva; ogni individuo deve guardarsi dentro e affrontare i propri demoni.
In secondo luogo, dobbiamo abbandonare l'illusione del controllo totale. 
La vita è un flusso imprevedibile; tentare di dominarla porta solo a ulteriori conflitti. Dobbiamo imparare a convivere con l'incertezza, ad adattarci come fanno gli organismi viventi nella giungla.
Infine, serve coraggio per costruire legami autentici tra le persone, senza barriere ideologiche o culturali che ci dividono. La vera forza risiede nell'unità, nel riconoscere che siamo tutti parte dello stesso tessuto umano.
Ma ricordate: il cambiamento richiede tempo e pazienza; non arriverà senza dolore e lotta. E chi sceglie questa strada deve essere pronto ad affrontarne le conseguenze."

Quando gli feci notare che l'esercito lo considerava ormai fuori controllo o pazzo ribattè sarcastico: "Pazzo? Sai cosa significa essere pazzi? Significa rifiutare la menzogna universale."

Mentre l'intervista volgeva al termine, il rifugio del colonnello Kurtz si trasformava in un palcoscenico di ombre e luci tremolanti. La penombra era densa, carica di un'atmosfera opprimente che sembrava risucchiare ogni suono e ogni pensiero. Le parole del colonnello, come i fumi della guerra che aleggiavano attorno a lui, si intrecciavano con la follia e la lucidità, creando una narrazione che sfuggiva a qualsiasi logica convenzionale.


Kurtz parlava della natura umana con una ferocia poetica; i suoi occhi brillavano di una conoscenza profonda e inquietante. "La guerra," diceva con voce calma ma tagliente, "è un luogo dove l'uomo scopre non solo il suo lato più oscuro ma anche la sua essenza primordiale." Ogni parola era carica di significato, come se stesse cercando di rivelare verità universali attraverso il suo tormento personale.

Mentre le immagini della giungla circostante si confondevano con quelle dei ricordi distorti della guerra,  mi resi conto che quello che avevo davanti non era solo un uomo in preda alla follia, ma un profeta tragico delle conseguenze dell’umanità stessa. 
Il colonnello Kurtz non era più solo un ufficiale militare: era diventato simbolo del conflitto interiore tra civiltà e barbarie.
Quando finalmente chiesi quale fosse il messaggio finale da portare nel mondo esterno, lui sorrise amaramente. "Il tuo viaggio ti porterà a confrontarti con l'inevitabile," disse lentamente. "E quando lo farai… ricordati: è nella resa totale all'oscurità che troverai la tua vera luce."


Con queste parole echeggianti nell'aria densa del rifugio, scomparve nel silenzio avvolgente della giungla mentre io stesso sentivo crescere dentro me quel senso angosciante di impotenza. E così chiusi gli occhi per qualche istante; quando li riaprii, Kurtz non c'era più. Solo le ombre danzanti rimanevano a testimoniare quella conversazione impossibile.

Uscendo da quel luogo intriso di follia e saggezza perduta, capii che le parole del colonnello avrebbero continuato a risuonare nella mia mente come i tamburi lontani della guerra, incessanti ed inevitabili, ricordandomi sempre dell’eterna lotta tra luce e oscurità nell’animo umano.

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