
In un’epoca di streaming compulsivo, la poetica del tempo dilatato diventa un atto di resistenza culturale. Un’analisi tra filosofia, neuroscienza e industria dell’intrattenimento.
Viviamo nell’epoca dell’accesso illimitato.
Piattaforme come Netflix, Amazon Prime e Disney+ ci offrono migliaia di film, serie e documentari a portata di clic. Eppure, più aumentano le possibilità di scelta, più sembriamo imprigionati in un loop di consumo frenetico. L’algoritmo ci suggerisce cosa guardare, salta automaticamente i titoli di coda, ci spinge verso il prossimo episodio prima ancora che abbiamo assimilato il precedente.
In questo contesto, il cinema di Andrej Tarkovskij (1932-1986), regista russo autore di capolavori come Stalker, Solaris e Lo specchio, si erge come un monolite estraneo al sistema.
Le sue opere non sono semplicemente "lente": sono un esperimento sul tempo percepito, un invito a riconquistare un rapporto meditativo con l’immagine.
Ma perché, oggi più che mai, questo approccio è rivoluzionario? Per rispondere, dobbiamo esplorare:
- La filosofia del tempo in Tarkovskij, cioè come il regista russo trasforma il cinema in un’esperienza quasi mistica.
- La meccanica dell’algoritmo, cioè perché Netflix ci rende dipendenti dalla velocità.
- La battaglia per l’attenzione, come la lentezza può essere una forma di resistenza culturale.
- Eredità contemporanee. Chi, oggi, porta avanti questa eredità?.
1. Tarkovsky: scolpire nel tempo. Il cinema come rito.
Andrej Tarkovskij definiva il cinema "scolpire nel tempo", cioè non una semplice successione di eventi, ma bensì un blocco di tempo vissuto.
Prendiamo due esempi emblematici:
In Nostalghia (1983), il poeta Gorčakov attraversa una piscina vuota con una candela accesa. La scena dura nove minuti senza stacchi, trasformando un gesto semplice in un’epifania.
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Nostalghia (1983) |
In Stalker (1979), la macchina da presa indugia su pozzanghere, detriti, muri umidi, come se il mondo stesso respirasse.
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Stalker (1979) |
Queste sequenze non servono alla trama: servono a modificare lo stato di coscienza dello spettatore.
In un’intervista, Tarkovskij dichiarò:"Il cinema moderno corre troppo. Ha paura che il pubblico si annoi. Ma è proprio questa paura che lo rende superficiale."
La sua cinefilia del tempo dilatato era una risposta al realismo socialista sovietico, che imponeva invece narrazioni didascaliche e, allo stesso tempo, un rifiuto del consumismo occidentale.
Tuttavia oggi questa poetica appare incredibilmente ancora più radicale, in primo luogo perché disabilita il "consumo passivo".
Non si può guardare Lo Specchio o Nostalghia, mentre si "scrolla" Instagram, TikTok o altro.
Inoltre rivendica il diritto all’ambiguità, visto che, a differenza di quanto accade nelle serie TV, che generalmente chiudono ogni conflitto nel giro di circa 50 minuti, Tarkovsky lascia domande aperte.
Alcuni neuroscienziati hanno studiato come certi film "lenti" attivino aree cerebrali legate all’auto-riflessione.
Quando guardiamo Solaris (1972), dove un pianeta misterioso materializza i ricordi più dolorosi degli astronauti, il nostro cervello non è in modalità intrattenimento, ma in uno stato di "risonanza empatica".
2. Netflix e la fabbrica dell’attenzione breve
Come funziona l’algoritmo?
Netflix non vende storie: vende engagement.
Il suo obiettivo è massimizzare il tempo di visualizzazione attraverso tre semplici meccanismi:
Autoplay: Il prossimo episodio parte prima che tu decida consapevolmente.
Skip intro: Elimina i titoli di testa, cancellando il rituale di ingresso nel film.
Top 10 in Italia: Standardizza i gusti, rendendo virali contenuti omologati.
Uno studio del MIT ha dimostrato che il 75% delle scelte su Netflix avviene tramite raccomandazioni algoritmiche, non attraverso una ricerca attiva.
Nelle serie TV attuali, ogni scena deve:
Mantenere un "picco emozionale" ogni 7-10 minuti (secondo gli studi di Robert McKee).
Evitare sequenze "morte", come pause, silenzi, dialoghi non funzionali alla trama.
Il risultato di ciò è che anche produzioni acclamate come Stranger Things o The Crown seguono uno schema prevedibile, dove il "colpo di scena" è obbligatorio e il finale deve lasciare nello spettatore "l’urgenza", così come la "necessità", per la stagione successiva.
Proviamo a confrontare una serie acclamata come Black Mirror e un film come Stalker.
Entrambi parlano di tecnologia e psiche umana, ma in Black Mirror ogni episodio è un meccanismo a orologeria, con un finale a effetto pensato per i meme.
In Stalker invece viviamo un viaggio in una "Zona" misteriosa dove nulla è spiegato, e la tensione nasce proprio dall’assenza di risposte.
Il primo è cibo da social network (breve, intenso, condivisibile), mentre l'opera del regista russo è una sorta di "digiuno meditativo".
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Stalker |
3. Perché oggi la lentezza è rivoluzionaria?
Uno studio del Goldsmiths College ha dimostrato che, dal 2000, la nostra capacità di concentrazione è crollata da 12 a 8 secondi (meno di un pesce rosso!). La colpa?
Il modello economico del web, che premia i contenuti "mordi-e-fuggi".
Alcune esperienze dimostrano che un rapporto più lento con l’arte è possibile.
Slow TV norvegese: trasmisioni in diretta di 12 ore su un treno che attraversa i fiordi (milioni di spettatori).
Il fenomeno ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response, risposta autonoma del meridiano sensoriale, fa riferimento a una sensazione di rilassamento, spesso sedativa, che parte dal cuoio capelluto e si diffonde al resto del corpo): video di 40 minuti di sussurri o rumori ripetitivi, che inducono rilassamento.
Gaming contemplativo (videogiochi come Journey e Firewatch), dove il gameplay è secondario all’atmosfera.
Inoltre, alcuni registi contemporanei mostrano di aver ereditato la lezione di Tarkovskij.
Lav Diaz (Norte, la fine della storia): Film di 4 ore in piano-sequenza.
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Lav Diaz |
Béla Tarr (Il cavallo di Torino): Un’apocalisse raccontata in 30 lunghissime inquadrature.
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Il cavallo di Torino (2011) |
Kelly Reichardt (First Cow): cinema americano “anti-Hollywood”, fatto di attese e dettagli minimi.
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First cow (2019) |
Provate questo esperimento:
Guardate Solaris (la versione del 1972, non il remake).
Spegnete ogni dispositivo per 24 ore.
Scrivete quali immagini vi hanno perseguitato.
Se l’esercizio vi sembra impossibile, è proprio il segno che siamo stati addestrati a temere il vuoto. Eppure, è proprio da lì che nascono le domande più importanti.
In questa epoca di overload informativo, scegliere la lentezza non è da snob: è un atto di sovranità cognitiva. Perché, come scriveva Tarkovskij:
"Il tempo è uno stato: la fiamma in cui vive l’anima dell’uomo."
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