lunedì 14 ottobre 2024

Le mille storie di Napoli/6 - L'Utopia di un visionario



Lamont Young

La città di Napoli, con la sua storia millenaria, ha sempre attratto figure straordinarie. Una di queste è stata senza dubbio Lamont Young, un architetto e urbanista scozzese, ma nato a Napoli, la cui visione della città è rimasta per lo più incompiuta ma ha lasciato un'impronta indelebile sulla storia dell'urbanistica napoletana. 
Conosciuto soprattutto per il suo progetto utopistico della Napoli Novissima, Lamont Young sognava una città futuristica e modernizzata, dove tecnologie all'avanguardia, come il vapore e l'elettricità, si integravano armoniosamente con il paesaggio storico e culturale di Napoli.
Lamont Young nacque a Napoli il 12 agosto 1851, figlio di genitori scozzesi. La sua famiglia si era trasferita in Italia per motivi legati agli affari del padre, che era un commerciante di successo. Nonostante le sue origini straniere, Young fu profondamente influenzato dalla cultura italiana e, in particolare, dall’atmosfera vibrante e caotica di Napoli. 
Sin da giovane, sviluppò una profonda passione per l'architettura e l'urbanistica, discipline che all'epoca erano in piena trasformazione, in particolare in seguito alle innovazioni tecnologiche della Rivoluzione Industriale.
Young studiò architettura a Londra, dove entrò in contatto con alcune delle più avanzate teorie urbanistiche del tempo. Londra, Parigi e altre grandi città europee stavano affrontando profondi cambiamenti, con grandi progetti di ristrutturazione urbana che miravano a modernizzare le metropoli e migliorare le condizioni di vita della popolazione. Questi ideali, uniti alla sua profonda connessione con Napoli, spinsero Young a elaborare la sua personale visione di una città futuristica, moderna e tecnologicamente avanzata, che potesse competere con le grandi capitali europee.
Napoli, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, era una città in grande fermento. Napoli, un tempo una delle città più ricche e potenti del Mediterraneo, dopo l'unità d'Italia, pur conservando ancora un fascino unico, dovuto alla sua storia millenaria, iniziò a soffrire di problemi legati alla povertà, all'affollamento e alla mancanza di infrastrutture moderne, che rendevano quantomai necessaria una modernizzazione radicale.


In questo contesto, molte delle teorie urbanistiche dell'epoca miravano a migliorare le condizioni di vita nelle città, attraverso la creazione di nuovi quartieri, l'espansione delle infrastrutture e l’introduzione di tecnologie moderne. Lamont Young, con la sua formazione internazionale e il suo amore per Napoli, vide in questo contesto l'opportunità di portare a compimento un progetto ambizioso che avrebbe trasformato radicalmente la città, elevandola allo stesso rango delle maggiori città europee, coerente con la vocazione turistica suggerita dagli ineguagliabili valori paesistici, insieme però munita dei servizi di una autentica capitale moderna.
A cominciare dalla Metropolitana.
Tra gli anni 70 e 80 del XIX secolo, Lamont Young progettò una grande struttura su ferro, che avrebbe unito periferie e zone collinari con la città storica, attuando un decentramento capace di risolvere i problemi di congestione del centro cittadino. Perché sarà anche vero che, come scriveva lui stesso “la bella Sirena, che posa il capo sulle verdi e profumate alture, bagna i suoi piedi nelle onde marine ed è è pittoresca e oltre ogni dire deliziosa”, ma “queste condizioni di suolo la inceppano pure nei suoi movimenti; di maniera che la sua vita e la sua attività si svolgono e si agitano in due sole anguste parallele, che la rendono tumultuosa, incomoda, e quel che è peggio ancora, sudicia e malsana”.
La metropolitana quindi è la soluzione per molti problemi della città: non per alterarne i tratti, ma anzi, per esaltarne le caratteristiche irripetibili. Lamont Young prevedeva per Napoli un ampliamento urbano dinamico, respingendo l’espansione a macchia d’olio e gli sventramenti del centro antico mediante rettifili e radicali demolizioni, come sarebbe poi avvenuto. 
Il suo piano di sviluppo si poneva invece come un'opera "in divenire", cioè suscettibile di ampliamenti successivi e graduabili nel tempo a seconda delle esigenze, da ottenersi attraverso l’assorbimento dei nuclei periferici tramite rapide comunicazioni”.

Progetto della Metropolitana - la struttura sopraelevata lungo la Via Marina

Il disegno della metropolitana prevedeva un percorso che andava dalla Stazione centrale di Napoli sino ai Campi Flegrei, diviso in due rami a scartamento normale, che seguivano un percorso sotterraneo, a cui si aggiungeva una tratta “dei Colli”, a scartamento ridotto e su percorso esterno, che avrebbe dovuto raggiungere il Vomero.
Allo scopo di evitare inconvenienti al sistema delle fognature e di scendere sotto al livello del mare, l’architetto progettò alcune tratte allo scoperto e altre sopraelevate su viadotti in ferro. La tratta cittadina e quella collinare sarebbero state tra loro collegate da un ascensore urbano di raffinata concezione meccanica, intagliato nella collina di tufo e suddiviso in cabine di prima e seconda classe, che avrebbe superato un dislivello di ben 162 metri grazie a un sistema funzionante con motore a vapore.

L'ascensore della metropolitana e, sulla destra, il Canal Grande del Rione Venezia

Accanto a questo progetto, il visionario architetto, pensando a Napoli come una città dove progresso e bellezza si sarebbero fusi per dare vita a un ambiente moderno e funzionale, ideò un piano urbanistico che prevedeva la trasformazione dell'area di Bagnoli, Fuorigrotta e Posillipo nel "Rione Venezia", “un nuovo continente”, come lo definiva lui stesso, nel quale, analogamente alla città lagunare, gli edifici si affacciavano su un sistema di canali navigabili con sette sbocchi al mare, che avrebbero caratterizzato il disegno del quartiere, collegato a Bagnoli attraverso un imponente canale-galleria che avrebbe oltrepassato la collina di Posillipo.


I Campi Flegrei venivano riordinati in un modello progettuale dalla forte vocazione turistica e residenziale, serviti da un vasto complesso di attrezzature, alberghi, stabilimenti balneari e termali, e un Palazzo di Cristallo in stile islamico, ispirato al Crystal Palace di Londra, pensato come casa delle scienze e delle arti, con spazi per concerti e congressi.
I ponti e le strutture che avrebbero attraversato questi canali sarebbero stati costruiti con tecnologie all'avanguardia, utilizzando materiali innovativi come il ferro e il vetro, che avrebbero conferito all'intero quartiere un aspetto futuristico e modernissimo. Questa parte del progetto rifletteva l’ispirazione di Young dalle grandi città europee, ma anche il suo desiderio di mantenere l'identità storica di Napoli, integrando elementi tipici del paesaggio italiano, come i canali di Venezia, con l'architettura moderna.
Il progetto includeva anche la creazione di un sistema di trasporti all'avanguardia. Young aveva immaginato una rete di tram elettrici e treni a vapore che avrebbe dovuto facilitare gli spostamenti dei cittadini e migliorare la qualità della vita, riducendo l'affollamento e la congestione delle strade.
Nonostante la grandiosità del progetto, esso non vide mai la luce. Le difficoltà economiche, burocratiche e politiche che Lamont Young dovette affrontare si rivelarono insormontabili. Dopo l'Unità d'Italia, Napoli e il Sud Italia in generale furono trascurati dal governo centrale, che investiva maggiormente nelle regioni settentrionali del paese. La mancanza di fondi e l'instabilità politica fecero sì che i progetti di modernizzazione della città venissero messi in secondo piano.
Inoltre, l'ambizione e la visione utopistica di Young incontrarono resistenza da parte di molti settori della società napoletana. I suoi progetti erano troppo avveniristici per l'epoca, e molti non riuscivano a comprendere appieno la portata della sua visione. L’opposizione venne anche da chi temeva che una modernizzazione così radicale potesse distruggere l’identità storica e culturale della città.
Lamont Young morì suicida nel 1929, lasciando incompiuti i suoi grandi progetti per Napoli. La città non conobbe mai la "Napoli Novissima" né il "Rione Venezia", ma le idee dell'architetto rimasero un esempio di architettura visionaria e avveniristica che avrebbe potuto cambiare per sempre il volto di Napoli.
Anche se il suo sogno non si è mai realizzato, l'eredità di Lamont Young vive nelle strade di Napoli, nei progetti che non videro mai la luce e nelle menti di chi, ancora oggi, immagina un futuro diverso per questa straordinaria città.













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