sabato 19 aprile 2025

Buona Pasqua





Quando Patti Smith pubblica Easter nel marzo del 1978, l’America è un paese stanco. Gli anni della contestazione bruciano ancora sotto la pelle, ma il punk ha già fatto breccia, spingendo verso una nuova forma di insurrezione estetica. In questo contesto Patti Smith, dopo il folgorante esordio di Horses e dopo la pubblicazione del seguito Radio Ethiopia, torna con un album che è insieme rinascita e celebrazione, ferocia e tenerezza. 
Il titolo non è casuale: Easter è una Pasqua laica, un rito di resurrezione in cui la carne, la poesia e il rumore si fanno corpo unico.
Dopo l’incidente sul palco nel 1977, che le causa gravi lesioni al collo, Patti Smith affronta un lungo periodo di riabilitazione. È da questa esperienza che nasce il bisogno di rinascere, fisicamente, spiritualmente, artisticamente. 
Easter, prodotto da Jimmy Iovine, è il frutto di questo percorso. 
Più accessibile del precedente Radio Ethiopia, ma mai addomesticato, l’album rappresenta una sintesi tra lo spirito punk e la struttura del rock classico, senza rinunciare alla forza visionaria dei testi della poetessa.
Il dualismo che attraversa l’intero album è tutto già nel titolo: Easter non è solo il riferimento alla Pasqua cristiana, ma è una metafora di rigenerazione, spesso ambigua. 
Patti Smith gioca con simboli religiosi e li contamina con erotismo, misticismo e ribellione. 
Il brano più celebre dell’album, Because the Night, che nasce da un'inaspettata collaborazione con Bruce Springsteen, rappresenta un’anomalia nel percorso di Patti Smith: una canzone d’amore che sfiora il mainstream, ma senza svendersi. 
La potenza della voce, l’incedere epico della melodia e la tensione emotiva che attraversa ogni verso la rendono un classico senza tempo.


Eppure, anche in questo momento di apparente dolcezza, la sensualità è inquieta, febbrile. L’amore diventa atto radicale, forza primordiale che muove la creazione.
In 25th Floor e Till Victory, Patti Smith torna a mordere: le chitarre graffiano, la voce si fa graffio e invettiva. Non c’è compiacimento in questa energia, ma una volontà politica. La femminilità di Patti Smith non è mai docile, mai pacificata: è corpo in rivolta, verbo che non chiede il permesso.
Easter è anche un album che parla del potere della parola: Smith è una poetessa prima che una musicista, e ogni lirica è un piccolo testo sacro, oscuro e carnale. In Babelogue – breve monologo in spoken word – lancia un’invettiva incendiaria, un fiume di immagini e grida che anticipano l’assalto sonoro di Rock N Roll Nigger, il brano che più degli altri affonda un colpo deciso al cuore del perbenismo.
Si tratta di uno dei brani più controversi mai incisi da Patti Smith. 
Il termine "nigger", oggi impensabile da usare fuori da certi contesti, viene qui reclamato come simbolo dell’alienazione, dell’essere fuori dal sistema, dall’ordine imposto. Patti Smith lo utilizza non per ferire, ma per sfidare: "Outside of society, that's where I want to be". 
È un grido punk, ma anche un’autoaffermazione poetica. Oggi, il brano è al centro di riflessioni complesse – tra riletture critiche e censure – ma resta un pezzo fondamentale per comprendere lo spirito dell’epoca.

Easter non è solo un disco: è un documento del tempo, una testimonianza di come il rock possa ancora essere arte che urla, guarisce, provoca. Patti Smith costruisce un ponte tra la poesia e la distorsione, tra la parola sacra e il riff profano. 
Non chiede di essere capita, ma ascoltata con tutto il corpo.
A distanza di oltre quarant’anni, Easter continua a parlarci con la voce rauca della verità artistica: imperfetta, potente, necessaria.













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